Inauguriamo con questa prima traduzione da un Carme catulliano, una rubrica – Filologicon Crapula -, di cui in questo spazio si avvertiva la mancanza.

Gaio Valerio Catullo

Namque fluentisono prospectans litore Diae
Thesea cedentem celeri cum classe tuetur
Indomitos in corde gerens Ariadna furores,
necdum etiam sese quae visit visere credit,
ut pote fallaci qua tum primum excita somno
desertam in sola miseram se cernat harena.
Immemor at iuvenis fugiens pellit vada remis,
Irrita ventosae linquens promissa procellae.
Quem procul ex alga maestis Minois ocellis,
saxea ut effigies baccanthis, prospicit, eheu!
Prospicit et magnis curarum fluctuat undis,
non flavo retinens subtile vertice mitram,
non contecta levi nudatum pectus amictu,
non tereti strophio lactentis vincta papillas,
omnia quae toto delapsa e coprore passim
ipsius ante pedes fluctus salis adludebant.
Sed neque tum mitrae neque tum fluitantis amictus
illa vicem curans toto ex te pectore, Theseu,
toto animo, tota pendebat perdita mente.

E infatti scrutando dalla spiaggia dall’onda risonante di Dia
scorge Teseo che fugge con la flotta veloce
Arianna che porta nel petto furori indomabili,
e ancora non crede di vedere ciò che lei stessa vede,
come colei che soltanto allora destata da un sonno ingannevole
si vede, oh misera abbandonata, su una solitaria spiaggia.
Immemore, però, il giovane fuggente colpisce con i remi le onde,
mentre abbandona promesse vane nel vento tempestoso.
Lontano dalla riva algosa la Minoide con occhi tristi,
come una statua in pietra di baccante, lo guarda, evoè!
Guarda ed è sconvolta dalle grandi onde dell’inquietudine,
non trattenendo sulla testa bionda la mitra sottile,
non coperto il petto ornato da un velo leggero,
non cinte da una fascia liscia le mammelle bianche come latte,
tutto ciò, che era caduto da ogni parte del corpo disordinatamente,
i flutti del mare scherzavano davanti ai suoi stessi piedi.
Ma allora non curandosi del destino della mitra né del velo
fluttuante, ella era sospesa a te, Teseo, con tutto il cuore,
con tutto l’animo, con l’intera mente smarrita.

(traduzione di A. Q. o di quello che si fa chiamare così)