Mi scuso con l’avanguardie.

Nel Giardino antistante la nostra casa, qui a Vacca Pezzata, c’è un pascolo di mendicanti. Noi li vediamo senza scampo, ma solo ora ce lo mettiamo in bocca questo “senza scampo”, questa grammatica che serve a rendere la loro sorte ciò che è, poiché sono tutti mendicanti morti. (È usanza a Vacca Pezzata avere mendicanti defunti nella propria avanguardia. Lavorano meglio degli spaventapasseri). Non potevano fare altrimenti? Non morirne della loro mendacità? – A volte certe domande sono inutili! – Eppure lo hanno fatto con tutte le conseguenze indigeste e le malattie veneree. A tutti i costi non volere ciò che si vuole dovunque: leitmotiv. La palestra del dentro e dell’esplosione da più dentro. Come se assorbire tanta morte biologica avesse prodotto l’effetto contrario a quanto prima si fosse visto: uno stimolo inverso, regressivo e brutale – nel mondo occidentale della nuova Magna Grecia mondiale.[1] Ad uso e consumo, ma soprattutto consumo, velocità, spinta, schianto, diffusione. Forze contrarie: una che allarga, l’altra che stringe. – Einstein teorico dell’avantgarde, n’est-ce-pas? – E è nata un’altra musica o almeno la sua ricerca. E questa è un piano traverso alle arti o tutte sono piani intrecciati? Intanto il giardino fiorisce di domande e, sebbene siamo sempre stati noi i proprietari di casa, mendicavamo ugualmente davanti alla nostra porta. Poi, accade che la porta della casa cedesse per l’antichità e quel tanfo come di pesce in salamoia ci fa venire una certa fame. Ô crapula! Da allora i mendicanti ci sorridono a bocche squarciate, perché nella loro condizione non potrebbero fare diversamente.


[1] Cit. Alfharidi, Nduja VII Lib., p. 24

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Musica: Nduja – per pianosordina e piano.
Esegue: Quijano Alonso, reduce di Oplontis