Buon appetito.

Non sono le condizioni, le predisposizioni, i sogni, le intuizioni. Non sono le arichitetture esorbtanti, i maniersmi e le etichette o, al contrario, le disillusioni e i crolli, le rivoluzioni, le anarchie. Non è nulla di tutto questo, o di ciò che può essere peggio o meglio. E non c’è neanche l’ombra di un’idea di valore – di un idea, ripeto, è inutile quindi parlare di pratica. I disvalori, allora? No, neanche quelli. Non è niente di tuttò questo il cardine dell’arte – oggi  solo le domande possono esserlo.

Ne ho trovata qualcuna a pagina 575 di Lettere a nessuno, di Antonio Moresco (Einaudi Stile libero, 2008). La lettera verte su alcune precisazioni rigurado a Merda e luce (terza fatica teatrale del Mantovano) e si chiude in questo modo:

Com’è possibile una simile incomprensione da parte tua, proprio da parte tua? Com’è possibile che tu mi abbia detto pochi giorni prima che vi trovate in una condizione mentale di massima apertura (in questo stacco che vi siete presi e che fa onore alla vostra onestà e sensibilità artistica) e pochi giorni dopo tu mi abbia opposto il massimo della chiusura? Come mai, nei secoli scorsi e addirittura in un passato più recente, le persone come noi riuscivano a incontrarsi artisticamente su un terreno comune e adesso invece non pare più possibile? Per quale legge? Per quale blocco mentale, teorico, ideologico, funzionale, autoreferenziale? Per quale destino? Che apertura, che libertà, che rischio ci possono essere se si ricerca, in fondo, solo l’identico e chiò che non porta sfasatura, disarticolazione e caos dentro la nostra connotazione e collocazione? Qual è il movimento dell’arte?
Mia carissima amica, dopo aver letto la tua lettera mi sono sentito come una persona scorticato di fronte a un’altra che indossa una corazza.

Quello che posso dire, non avendo le risposte a queste domande, è che c’è una via  in ciò che già esiste, forse solo in questo ammasso (putrido? e che cosa speravate, dopo il Novecento?) e che bisogna scavare, sporcarsi e disperarsi. Che sia proprio questo scavare il nostro: non c’è scampo!