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F. Kafka – Lettere a Milena, p24

[Praga, 15 luglio 1920] Giovedì Di fretta[1], prima di andare in ufficio, volevo starmene zitto, mi ci strozzo da tre giorni e, perlomeno adesso che stai combattendo lì quella spaventosa battaglia, volevo starmene zitto, ma è impossibile, ci sta, è anche la mia battaglia. Forse ti sei accorta che non dormo da un paio di notti. È semplicemente «l’angoscia». Questa è davvero una cosa che mi priva di ogni volontà, mi gira e rigira come vuole e non so più…

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“la grande confessione”

[Praga, 15.VII.20] Giovedì […]Così non ho nessuno, nessuno qui, tranne l’angoscia, stretti insieme e convulsi ci rotoliamo attraverso le notti. Eppure è una cosa molto seria, questa angoscia (che stranamente era sempre rivolta all’avvenire; no, non è esatto), che in un certo senso diventa comprensibile perché di continuo mi prospetta la necessità della grande confessione: anche Milena è una creatura umana. Ciò che ne dici tu è bello e buono, non vorrei mai udire altro dopo aver udito ciò, ma…

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