In un’intervista, Carolina Invernizio dichiarò di scrivere un romanzo di 200-250 pagine entro una settimana, di non controllare mai i suoi scritti e di prendere ispirazione per le sue opere dagli articoli di giornale. Gramsci la definì “l’onesta gallina della letteratura popolare”, per Emilio Zanzi è stata “la dama che ha anticipato di mezzo secolo la letteratura gialla e supergialla”, i critici la chiamavano “Carolina di Servizio” oppure, inventando un appellativo ormai divenuto proverbiale, “la casalinga di Voghera” (la scrittrice, nell’introduzione ai Romanzi del peccato, risponde loro: “Dei critici ho una allegra vendetta. Ché le mie appassionate lettrici e amiche sono appunto le loro mogli, le loro sorelle”).

Invernizio scrive male, anzi malissimo, tra stereotipi, spiegoni, narici frementi e pianti dirotti, buoni dall’animo candido e cattivi senza possibilità di redenzione; ma questa pessima scrittura sprigiona un’energia esplosiva, alimentata da un’immaginazione iperbolica, da un certo gusto per il macabro e il perverso e da un senso del ritmo impeccabile.

Non è raro il caso che una persona venga seppellita come morta, mentre di morta non ha che l’apparenza. Avrei molti e molti esempi da citare, ma ne basti solo uno solo a dimostrare che non bisogna aver troppa furia nel seppellire i cadaveri, specialmente quando la loro morte è avvenuta improvvisamente, non bastando talvolta la constatazione del medico. Quanti medici, ed anche celebri, si sono ingannati ed hanno fatto seppellire dei morti ancora vivi! Oh! se tutte le tombe potessero dischiudersi,… se potessero parlare! Ma le tombe sono mute, e la terra ricopre i più orribili misteri.

Il bacio d’una morta, dai più considerato il capolavoro dell’autrice, racconta la storia di due fratelli, Alfonso e Clara, che ricorrono a inganni e sotterfugi à la Montecristo per strappare la figlia di lei, Lilia, dalle grinfie dello scellerato marito, il conte Guido Rambaldi, e soprattutto della di lui amante, la maliarda ballerina giavanese Nara. La trama si dipana tra tentati omicidi, finte morti, inseguimenti, svenimenti in abbondanza e vendette, con una tensione febbrile la cui efficacia, a differenza dello stile, si mantiene inalterata nel tempo. Perché è nel suo spirito isterico e febbrile che Invernizio trova la sua forza, e anche a uno sguardo ben più smaliziato di quello delle lettrici del suo tempo, Il bacio d’una morta appare ricco di atmosfere perturbanti, se non addirittura ambigue dal punto di vista morale.

A trainare il romanzo sono le donne, che non solo muovono la trama, ma incarnano anche i motori più potenti e oscuri dal punto di vista emotivo, mentre gli uomini si limitano a farsi trascinare da desideri e macchinazioni: se la perfida Nara sfoga la sua smania perfida e distruttiva su chiunque le capiti a tiro, protesa com’è a soddisfare il capriccio del momento e a devastare tutto il resto, la candida protagonista Clara è altrettanto determinata a conservare quello che ha, lotta strenuamente per riavere sua figlia, arrivando anche a mentire in tribunale, senza esitazioni e senza sensi di colpa.

Era splendidamente bella ed abbigliata con elegante semplicità. Nulla di più voluttuoso dei suoi occhi grandi, stupendi, dalle pupille luminose: il suo colorito bruno era alquanto animato: le labbra sensuali, di un rosso vivissimo, spiccavano sullo smalto dei denti bianchi, umidi, come quelli di un fanciullo: la bruna lanugine, che gettava una specie d’ombra agli angoli della bocca, dimostrava il carattere focoso, appassionato di quella donna: le sue narici rosee si dilatavano frementi: nello sguardo aveva qualcosa d’indefinito, d’imperioso.

Il bacio d’una morta è un’opera talmente ingenua e sovraccarica che la si può non prendere sul serio, così come si può ridere del rapporto tra Alfonso e Clara, che farebbe la gioia di legioni di psichiatri, o di Nara, in confronto alla quale Charles Manson era un chierichetto, o di Guido, descritto come il marito crudele per antonomasia e che in realtà è solo di un’imbecillità disarmante; tuttavia rimane una lettura divertente, a suo modo ricca, appagante, disimpegnata e leggera, capace di soddisfare con pienezza le voglie più semplici del lettore, quelle voglie che sempre esigeranno di essere soddisfatte.

Carolina Invernizio
Il bacio d’una morta (1912)
Torino, Einaudi, 2008
pp. 319