[Aprile 1920]
Merano-Maia Bassa, Pensione Ottoburg

Cara signora Milena[1],
quella pioggia, durata due giorni e una notte, è appena cessata – probabilmente solo per il momento –, ma è comunque un avvenimento da festeggiare, e io lo faccio scrivendo a lei. Del resto anche la pioggia era sopportabile, qui siamo all’estero, certo solo un piccolo paese straniero, ma fa bene al cuore. Se la mia impressione è stata giusta (un piccolo incontro isolato e quasi muto è senza dubbio impossibile da estinguere nella memoria), anche lei ha gioito di essere all’estero a Vienna, in seguito l’ambiente forse è diventato cupo a causa della situazione generale, ma le piace anche l’estero in quanto tale? (E forse, in fondo, la cosa sarebbe un brutto segno e non deve essere così.)
Qui vivo molto bene, il corpo mortale non potrebbe ricevere maggiori attenzioni, il balcone della mia stanza è inserito in un giardino, circondato, ricoperto da aiuole fiorite (la vegetazione qui è straordinaria, in una condizione meteorologica in cui a Praga le pozzanghere si congelano, qui i fiori davanti al mio balcone sbocciano lentamente), e inoltre del tutto esposto al sole (o comunque al cielo profondamente annuvolato, com’è stato per quasi una settimana), lucertole e uccelli, coppie disuguali, mi fanno visita: le augurerei così tanto di stare a Merano, l’ultima volta lei ha scritto di non riuscire a respirare, qui immagine e senso sono molto vicini, ed entrambi possono diventare più leggeri.
Saluti cordialissimi,
Suo F Kafka

 


[1] Tradotto da F. Kafka, Briefe an Milena, erweiterte und neu geordnete Ausgabe, herausgegeben von Jürgen Born und Michael Müller, Frankfurt am Main: Fischer Taschenbuch Verlag, 2015¹⁵.