[Praga, 20 luglio 1920]
Martedì

Durante il dettato che oggi mi sono sforzato di fare[1]:
Queste lettere brevi e gioiose o perlomeno ovvie come le due di oggi, ed è subito quasi (quasi quasi quasi quasi) foresta, e vento nelle tue maniche e sguardo su Vienna. Milena, come si sta bene accanto a te!
Oggi la ragazza mi manda la tua lettera[2] senza dire altro, solo con un paio di segni a matita. Evidentemente non ne è rimasta contenta, ora – come ogni lettera con segni – essa ha le sue mancanze e, guardandola, mi rendo conto dell’impossibile assurdità io abbia preteso da te con quella lettera, e ti chiedo scusa. Dovrei chiedere scusa anche a lei perché, comunque fosse scritto, deve averla offesa. Quando tu scrivi, per esempio, scrivi con ogni riguardo “poněvadž o Vás nikdy ani nepsal ani nehovořil”[3], questo deve averla offesa, proprio come l’avrebbe offesa il contrario. Di nuovo, scusami.
D’altra parte, con un’altra lettera, quella a Staša, mi hai aiutato parecchio.

* * *

Pomeriggio

In ufficio sono riuscito a stare alla larga da questa lettera, ma non è stata una piccola fatica, ho consumato quasi tutte le mie energie e non me n’è rimasta alcuna per il lavoro d’ufficio.
La lettera a Staša: Jílovský è stato da me ieri mattina e mi ha detto che era arrivata una tua lettera, quando lui era uscito di casa la mattina presto, ma che ancora non sapeva cosa contenesse ma che di sera me lo avrebbe detto Staša. Ora, la cosa per me è stata abbastanza spiacevole, pure a fronte della sua gentilezza, perché nella tua lettera poteva esserci di tutto, e anch’io avrei potuto esserne la causa. Ma di sera è venuto fuori che era una lettera molto buona e soddisfacente per entrambi, almeno per quanto riguardava il suo tono amichevole (ma io non l’ho letta), soprattutto perché c’era una piccola frase di ringraziamento per il marito che poteva risalire solo alle mie comunicazioni e che aveva reso Staša davvero felice, e gli occhi di lui brillavano ancora di più del solito. Sono delle brave persone, se ci si sforza di dimenticare alcune cose, ci si rilassa e lo stomaco, il nervoso stomaco, lo sopporta; specialmente quando sono insieme oppure lui da solo (Staša da sola è discutibile), e Staša ha passato un minuto meravigliosamente bello mentre guardava a lungo la tua fotografia, di fatto senza capire perché, in uno sforzo, silenziosa, seria. Se non ti spiace, ti racconto qualcos’altro sulla serata, ero stanco, vuoto, annoiato, da prendere a bastonate, indifferente, e inizialmente volevo soltanto andare a letto. (Dovevo mandarti il biglietto che trovi, un disegno di Staša – parlavamo della posizione della tua stanza – con spiegazioni di Jílovský.) Fanno una vita da ricchi, spendono annualmente oltre 60.000 corone e dicono che sia impossibile vivere con meno.
Ovviamente sono d’accordo con la tua traduzione[4]. Solo che la traduzione si rapporta al testo originale come Frank[5] si rapporta a Franz, come il tuo procedere sulla montagna si rapporta al mio e così via. E se il marito trova la forza per nutno e abych[6], non sarebbe dovuto andare così lontano e avrebbe anche potuto sposarsi, quello stupido, stupido scapolo. Comunque, lasciala come volevi e fammi il piacere di prenderti un attimo di respiro da me.
Ieri ti consigliavo di non scrivermi ogni giorno, oggi la penso ancora così e sarebbe bene per entrambi e oggi te lo consiglio ancora più espressamente… ma per favore, Milena, non darmi retta e scrivimi ogni giorno, anche una cosa piccola, più breve delle lettere di oggi, solo due righe, solo una, solo una parola, ma di questa parola riuscirei a fare a meno solo con dolori spaventosi.

F


[1] Tradotto da F. Kafka, Briefe an Milena, erweiterte und neu geordnete Ausgabe, herausgegeben von Jürgen Born und Michael Müller, Frankfurt am Main: Fischer Taschenbuch Verlag, 2015¹⁵.

[2]La lettera che Milena aveva indirizzato a Julie Wohryzek, con il consenso di Kafka.

[3]“Perché lui non ha scritto o parlato di Lei”.

[4]Traduzione di Milena della Infelicità del giovane scapolo [Neštěstí mládence], pubblicata insieme ad altre cinque prose tratte dal volume Meditazione, nel settimanale letterario “Kmen”, anno IV, n. 26 (9 settembre 1920), pp. 308–310.

[5]Frank è il nome che Milena usava per chiamare Kafka. [NdT]

[6]“Necessario” e “affinché io”.