[Praga, fine marzo 1922]

È da molto tempo che non le scrivo, signora Milena[1], e pure oggi le scrivo solo in seguito a una coincidenza. In realtà non dovrei giustificarmi per non averle scritto, lei sa quanto io odio le lettere. Tutta l’infelicità della mia vita – e con questo non intendo lamentarmi, ma solo fare una constatazione universalmente informativa – viene, se vogliamo, dalle lettere o dalla possibilità di scrivere lettere. Le persone non mi hanno quasi mai tradito, le lettere sempre e, anche qui, non le lettere altrui, ma le mie. Nel mio caso è una disgrazia particolare di cui non voglio parlare ulteriormente, ma al contempo è anche una disgrazia universale. La semplice possibilità di scrivere una lettera – da un punto di vista meramente teorico – deve aver portato nel mondo uno spaventoso scompiglio delle anime. È un trafficare coi fantasmi, e non solo col fantasma del destinatario ma anche col proprio, che si sviluppa nella lettera che stiamo scrivendo, tra le mani, o in una serie di lettere, dove l’una rafforza l’altra e può chiederle testimonianza. Come abbiamo fatto a concepire l’idea che le persone possano frequentarsi attraverso le lettere! Possiamo pensare a una persona lontana e possiamo toccarne una vicina, tutto il resto va al di là delle nostre forze. Scrivere lettere, però, significa mettersi a nudo davanti ai fantasmi che quelle lettere aspettano avidamente. I baci scritti non arrivano a destinazione, ma vengono bevuti dai fantasmi durante il tragitto. Ed è con questo ricco nutrimento che essi si moltiplicano in modo inaudito. L’umanità lo percepisce e lo combatte: per cercare di annullare questa frequentazione spettrale tra gli uomini e raggiungere un contatto naturale, la pace delle anime, ha inventato la ferrovia, l’automobile, l’aeroplano, ma tutto questo non serve più, si tratta chiaramente di invenzioni fatte già nell’attimo del crollo, mentre l’opposizione è molto più calma e più forte, e dopo la posta ha inventato il telegrafo, il telefono e la radiotelegrafia. Gli spettri non moriranno di fame ma noi andremo a picco. Mi meraviglio che lei non abbia ancora scritto qualcosa al riguardo, non già per impedire o raggiungere qualcosa con la pubblicazione, per questo è troppo tardi, ma almeno per mostrare “loro” che sono stati riconosciuti.
Del resto “li” si può riconoscere anche attraverso le eccezioni, a volte infatti permettono di scrivere una lettera senza alcun impedimento ed essa arriva come una mano gentile che, buona e leggera, si posa nella nostra. Probabilmente si tratta solo di apparenza, e tali casi sono forse i più pericolosi, quelli da cui ci si deve proteggere di più, ma se è un’illusione, è pur sempre un’illusione perfetta.
Oggi mi è successa una cosa simile ed è per questo che ho pensato di scriverle. Oggi ho ricevuto una lettera da un amico che è anche una sua conoscenza; non ci scriviamo ormai da molto tempo, cosa estremamente ragionevole. Ha a che fare con quanto detto sopra, ovvero che le lettere sono davvero un magnifico rimedio contro il sonno. In che condizioni arrivano! Essiccate, vuote e irritanti, un attimo di gioia con una lunga scia di dolore. Mentre le leggiamo, dimentichi di noi stessi, quel poco di sonno che abbiamo si innalza, vola via dalla finestra e per molto tempo non torna più indietro. Ecco perché non ci scriviamo. Però penso spesso a lui, seppure di sfuggita. Il mio intero pensiero è fin troppo fugace. Eppure ieri sera ho pensato molto a lui, e a lungo, e ho impiegato quelle ore notturne, per me così preziose a causa della loro ostilità, per ripetergli, sempre con le stesse parole, in una lettera immaginaria, alcune comunicazioni che mi sembravano estremamente importanti. E al mattino è arrivata una sua lettera vera e diceva, tra l’altro, che questo mio amico da un mese, o più precisamente un mese fa, ha avuto la sensazione di dover venire da me, notizia che concorda stranamente con eventi che ho vissuto.
Questa storia mi ha dato modo di scrivere una lettera e, dato che già avevo scritto, come potevo non scrivere anche a lei, signora Milena, alla quale scrivo più volentieri che a chiunque altro. (Ammesso che sia possibile scrivere volentieri, cosa che peraltro è detta solo per i fantasmi che assediano vogliosamente il mio tavolo)

Da molto tempo non trovo più nulla di suo sulle riviste, tranne articoli di moda che nell’ultimo periodo, salvo piccole eccezioni, mi sono apparsi felici e sereni, persino l’ultimo articolo di primavera. Vero è che prima non ho letto la Tribuna per tre settimane (proverò comunque a procurarmela), ero a Spindlermühle.


[1] Tradotto da F. Kafka, Briefe an Milena, erweiterte und neu geordnete Ausgabe, herausgegeben von Jürgen Born und Michael Müller, Frankfurt am Main: Fischer Taschenbuch Verlag, 2015¹⁵.

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In copertina: Jan Splichal, Franz Kafka 1982-1991