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Marziale, Epigrammi – Lib. IV, LIII

Hunc, quem saepe vides intra penetralia nostrae

Pallados et templi limina, Cosme, novi

Cum baculo peraque senem, cui cana putrisque

Stat coma et in pectus sordida barba cadit,

Cerea quem nudi tegit uxor abolla grabati,

Cui dat latratos obvia turba cibos,

Esse putas Cynicum deceptus imagine ficta:

Non est hic Cynicus, Cosme: quid ergo? Canis.

***

Cosmo, tu pensi che questo vecchio, che spesso vedi all’interno del tempio della nostra Pallade e sulla soglia del nuovo tempio con il bastone e la bisaccia, al quale la testa sta bianca e putrida e sul petto cade la barba sudicia, il quale si copre con una mantellina untuosa, compagna di un lettuccio spoglio, al quale la folla che passa dà cibo per i latrati, sia un Cinico, ingannato dalla sua apparenza falsa: questo non è un Cinico, Cosmo: che cos’è dunque? Un cane!

(Traduzione di Alonso Quijano o un cane per lui)

Qui fonte del testo in latino