In questi giorni, io e l’amico Alfredo Zucchi discutevamo sulla tradizione filologica. Non una discussione nuova, anzi fra le più datate e di quelle che accendono le lampadine dell’intuizione. Si discuteva soprattutto della trasmissione che l’idealismo tedesco ha fatto dei testi antichi e di come, grazie a una tradizione trasversale e nicciana, ci si è liberati dell’idolatria idealistica e si è passati (attraverso l’opera di Giorgio Colli e lo strutturalismo francese, vedi J-P Vernant) a una rivalutazione dei frammenti e delle notizie sui filosofi antichi in maniera meno speciosa e simile a un’infatuazione amorosa, che l’idealismo ci ha propinato per più di un secolo.
Oggi, dunque, vediamo come i filosofi più antichi (filosofo in termini alessandrini è il prodromo dell’infatuazione amorosa, si dica lo stesso del filologo) si guadagnavano da vivere.

10 [B 5 ] b Plutarco, Vita di Solone 2

Si dice inoltre che sia Talete sia Ippocrate il matematico abbiano esercitato il commercio, e la vendita di olio in Egitto abbia fruttato a Platone le spese del viaggio (in Sicilia).[1]



[1] Giorgio Colli, La sapienza greca Vol. II, Adelphi, Milano 1994