L’immaginario crime su Napoli sembra come militarmente occupato da Gomorra. È di fatto una ambientazione al momento bruciata. Tuttavia resistono, per una città dall’immaginario inesauribile come quella partenopea, ambientazioni e ambiti narrativi da (ri)esplorare: ad esempio, il ritorno al Centro storico e l’approfondimento psicologico del personaggio. Questi due elementi emergono da Azzurro Maledetto di Ornella Della Libera.
Girano voci, e in un certo ambiente che è quello dei poliziotti e dei criminali a Napoli non sono certo flatus ma una promessa di morte: sembra che o’ Brigante, un capo clan, verrà ucciso. Nel giorno in cui la squadra di casa affronterà la Juventus, giornata calda comunque, tocca al Commissario Esposito provare a fermare l’inevitabile, almeno questa volta.
Nell’incipit del romanzo viene immediatamente presentato il protagonista in tutta la sua ‘normalità’: un poliziotto senza capacità speciali o paranormali, uno che deve sbattersi per risolvere un’indagine e a cui niente verrà “regalato” dalla sua creatrice per la risoluzione del caso.

C’erano molte cose che davano fastidio al Commissario. Ad esempio, le cozze, le unghie laccate di smalto rosso e il silenzio imperfetto dei cadaveri, che lo guardavano con occhi assenti, incapaci di potergli dire la verità.
La verità, uno dei suoi maggiori crucci. Oltre a quello di non saper comunicare con l’aldilà, per evitare la laboriosa fatica delle indagini. 

La realtà del lavoro investigativo – Della Libera è Ispettore Capo nella Polizia di Stato a Napoli – sfrangia il realismo della narrazione da elementi anche di moda nel poliziesco non solo italiano. È in questa operazione che traggono giovamento ambientazione e personaggi. Esposito è un uomo del sistema (non del Sistema), un poliziotto che è stato un bambino debole e gracile. Pieno di manie e ossessioni, permeabile a tutto eppure ancora in piedi, scaramantico ben oltre il limite di una qualunque nevrosi, egli è uno che per un qualche miracolo è ancora vivo, per caso è ancora un uomo onesto.
Oltre le note di costume, ben rappresentate dall’assistente Pappalardo, c’è una città che purtroppo, come il Commissario Esposito, “non dimentica niente”, stretta dalla morsa di un’illegalità rafforzata da dinamiche politiche inquinate e da ineludibili limiti amministrativi.

Commisà… ma la gente, la gente si chiede mai la notte, quanti tutori dell’ordine stiano vigilando sui quartieri cittadini?…
E quanti sono?
2 per ogni equipaggio.
Per?
15 macchine.
15 macchine?
15×2 = trenta persone.
E quanti cittadini ci sono? Un milione di abitanti…

L’autrice evita di fare agire il protagonista. È un personaggio che è metafora anche di immobilità e di ferite storiche che toccano sia la città che l’individuo. L’empatia di Esposito è elemento preponderante, ma la sua funzione – ecco il male che è il bene di questo poliziesco sui sentimenti umani – all’interno del romanzo è sottotraccia, da scoprire soprattutto nelle pagine poco poliziesche che, a parere del recensore, sono le migliori. Giunto in quell’età in cui un uomo fa bilanci e intanto rimane come fermo, Esposito delega indirettamente l’azione a un altro personaggio.
C’è infatti una misteriosa poliziotta in motocicletta, Caterina Abbondanza, una donna d’azione che si rivela fondamentale per l’esito del romanzo, un personaggio action-driven. È lei che risolve, sia per la trama poliziesca sia per lo sviluppo emotivo del personaggio Esposito.
In mezzo a tanti gialli e polizieschi e poi abusati noir, in cui succede poco e tutto accade male, Azzurro Maledetto ha una trama robusta e realistica e una eroina, Caterina Abbondanza, che ben figurerebbe in qualsiasi thriller metropolitano.

Ornella Della Libera
Azzurro maledetto
Napoli, Treves, 2014
pp. 176