Ci sono ancora domande sullo statuto della Carne?

In fondo è regolare la domanda tra le domande – che è tutto questo casino, quando per lo stesso si intende e percepisce starnazzare in sé incoerente? –, meno chiara, invece, deve essere la risposta.

Possibile e improbabile è una risposta che partecipa del delirio. Tra tutti questi segni non si può non ondivagare.

Negandosi equilibrio e rigore forse si aprono nuovi scorci ermeneutici.

Sbandando cominciamo.

Qualche mese fa una produzione in Canada ha ricostruito, riprodotta e fedele, la Cappella Palatina di Palermo.

Sforzo per creare la scena per una puntata della terza stagione di Hannibal, serie di successo della NBC.

Nessuno spoiler; la serie poco si basa su twist e cliffhanger tanto abusati e funzionali. Anzi, la trama ormai sembra sparita e le azioni dei personaggi sempre più oniriche nella stagione in corso, al fine di evitare il topos “caccia al serial killer”.

Gli atti del protagonista, il dottore con lauree in utilizzo dei corpi e manipolazione di carne cerebrale, Hannibal Lecter – Lektor, in una forma narrativa già post embrionale che è Manhunter e l’inglese romanzo Red Dragon –, sono sì omicidiari ma sempre composizioni artistiche. Gli assassini artisti minori, e Hannibal stesso, si appropriano e mostrano simboli e trasformazioni junghiane, scene del crimine saccheggiano e provvedono da punizioni vichinghe ( Jarl Borg ne sa parlare) agli abusi di e in plexiglass di Damien Hirst. La scena in Hannibal è sempre una rappresentazione artistica e non uno sviluppo rilevante nella trama scritta. Della narrazione originaria dai romanzi nella serie tv rimane l’accenno, la speranza, la violenza che avvicina alla somiglianza con un Dio che è pagano, cristiano e ironico. Ironia del dio che uccide i fedeli supplici in chiesa, ironia che lo allontana dalle deità extraterresti di Lovercraft. Questa serie rispetto ai libri è davvero Altro.

Nella dinamica del thrilling ormai l’onnipotenza di Hannibal Lecter è manifesta. Oltre a essere un grandissimo cuoco, il dio protagonista è un maestro del Krav Maga e provvede a far sparire e riapparire le sue opere in cadaveri ovunque, imbattibile e intoccabile da forze dell’ordine senza senso. Le forze dell’ordine sono la Swat che nulla fa se non prendere atto. L’arte dell’assassino che produce supplisce alla mancanza di realismo narrativo, un distacco che è ormai totale. Hannibal è un burattinaio e trascende il personaggio dei romanzi in capacità che vanno oltre il già ben geniale serial killer cannibale. Crea gli eventi e definisce le scene, trascinato dai primi e osservatore ed ermeneuta sulle seconde c’è Will Graham che, quale osservatore debole merita un accenno.

Will Graham, il geniale ed empatico agente dell’FBI, a cui tantissimo deve Rust Cohle, è nella serie Tv diverso, non soltanto limitato ma incapace. Insegna a Quantico e non può essere un agente federale perché troppo disturbato per accedere alla posizione di normale nella curva definita tale dai test psicologici. Il suo compito è di osservatore debole. Di fronte alle improbabili e spettacolari scene del delitto, Graham rintraccia i moventi possibili attraverso i segni e i sogni dell’assassino e degli assassini minori. Tutto è molto chiaro per il terzo osservatore debole, la comprensione dell’investigatore si ferma però e mai Hannibal, l’assassino che manipola e partecipa del Dio senza averne l’ironia, svela tutta la sua trama. Graham può risolvere solo gli enigmi di assassini minori, killer collaterali con piccole aspirazioni artistiche e filosofiche. L’osservazione di Graham è parziale sempre e l’Assassino rimane invincibile. La parte di Graham è quella del critico d’arte, ha opinione ma non incide nel percorso creativo, percorso che non riesce a fermare se non per artisti-assassini inferiori. Sacrificato è il campione della Legge Will Graham alla visione del motore creativo caotico di Hannibal. Nella Foresta dei Segni, Graham ne vede molti e risolve poco. Non ha il potere del Terzo Osservatore, la sua osservazione e intuizione è vincolata al suo essere umano e disturbato, inseguito da propri simboli e demoni rappresentati da un grande cervo nero, animale personale totemico che non riesce a uccidere.

Su un treno da Firenze, Hannibal Lecter rimira incisioni dell’Uomo Vitruviano. In questa narrazione e nel suo sviluppo, Hannibal non può non arrivare all’apogeo della creazione artistica. Questo momento superiore è Leonardo da Vinci, va oltre una violenza rappresentata che è caravaggesca. Hannibal osserva un cuore umano – si sussurra di come Leonardo da Vinci abbia potuto ottenere i modelli per i suoi disegni anatomici –, quel cuore è un modello di carne, una parte dell’uomo che Hannibal vuole perfetto e nessuna perfezione è possibile con una morale e senza il suo osservatore.

L’Osservatore Graham arriva a Palermo. Lontane sono le tele di neve della Virginia e di Baltimora sempre cupa. Vincenzo Natali, il regista italo-canadese della puntata, ha adesso un diverso contorno. Di omicidio in omicidio e via lungo le indagini della mente e dei Segni, l’osservatore Graham e l’artista Lecter si avvicinano alla divinità che tanto si nega e conferma nei dialoghi. Al centro della Cappella Palatina, a ridosso dell’altare che è cerimoniale e sempre sacrificale, sotto lo sguardo del Cristo che Crea Tutto, ecco l’ultima opera di Hannibal. C’è un percorso ascendente, la neve non basta più e deve parlare il sommo e assoluto Leonardo. C’è un cuore al centro della Cappella Palatina ricreata, appare gigantesco, sorretto da spade. L’enorme organo è in realtà un cadavere, attorcigliato e involuto fino a sembrare un cuore scoperto. Questo è un messaggio di carne,. una traccia di carne che porterà i due protagonisti a rincontrarsi, nei sotterranei di una città a caso che è Palermo ed è la città perfetta per farlo. Perfetta quale compresenza del divino che è nel simbolo e nella costruzione, nella morte che non può non riguardare la carne e i suoi statuti comunque esplorati.

Le questioni della Carne sono da sempre momenti di esplorazione, – soprattutto da quando il Filosofo disse che il corpo è l’anima – e le questioni sono sufficienti a fondare una serie televisiva di successo, e su queste si basa proponendo il giallo e la soluzione del crimine come semplice espediente che sparisce. Questioni di statuto anni ’70, dalle quali abbiamo il migliore Ballard e il primo Cronenberg. Per caso, ancora una volta, c’è anche, quanto non solo, l’opera di Nitsch. Se le parole d’ordine – le chiavi del sapere nel mondo virtuale sono keyword – hanno ancora un senso, questo è il momento comunque giusto, oltre le coincidenze, le produzioni, gli interessi e i dibattiti, per una mostra di Nitsch.

Scena, carne, teatro, arte, sangue, divino, simbolo.

E Palermo.

Un momento che sembra fuori sesto mentre la questione della Carne riguarda il quando la abbandoneremo e il divino possibile è il quando creeremo l’Intelligenza Artificiale e la Singolarità.

Eppure è capitato, in uno stesso tempo. I Segni sono coincidenti, la scena di Nitsch e del suo teatro si svolgeranno a Palermo. È un’estetica e uno statuto dell’arte e della carne ormai vecchio? Forse. A Palermo però sarà adesso, a breve. Quello che succede non poteva non esserlo e il dibattito sulla manipolazione della carne, il ricordare il senso del sangue dell’opera di Nitsch, segue perfettamente i segni culturali e della produzione del senso di cui ormai anche una serie televisiva fa parte.

Rispettando la regola aurea, scenografi stranieri e lontani piazzano nella Cappella Palatina di Palermo un grande pezzo di carne che è un cuore, e non lo è, essendo (o rappresentando) un corpo umano intero.

Molte scene verranno proposte dal teatro di Nitsch – il sangue è lo spirito disse un altro –, immagini ferme di animali scomposti e uomini che in sangue e carne animale si ricompongono nella speranza di un ritorno, un ricordo, di sacro e divino – qualificazioni tutte umane.

Della composizione nel reale di segni e significanti, in questo momento e in questa città, partecipa anche chi non guarda la serie e chi non considera il Teatro di Nitsch come attuale. Contrario al momento nella mostra di Nitsch è ad esempio il maestro Francesco Ferla. Opposizione sì ma, al di là del suo senso e sentire, anche il maestro Ferla partecipa. Meglio: è la sua arte che ne partecipa. Nella sua opera infatti, l’ultimo rilevante sviluppo, Ferla provvede e propone rappresentazioni, immagini che creano un superamento della Carne e una sua diversa manipolazione. Una che provvede ad adeguarsi a uno spirito dei tempi che vuole la carne sparire nell’oltreumano, grazie a una tecnica che un giorno sarà rituale forse: il rito della scena di Nitsch.

Tutti i personaggi e persone citate partecipano, a loro modo e diritto. Certe indagini non rispondono davvero alle domande e comunque svolte, a caso e deliranti, forse in parte, magari per nulla, svelano.  È la foresta dei Segni baby, si vaga e si associano i simboli e le ricorrenze.

Mentre il cervo nero segue Graham a Palermo, il sangue datato di Nitsch viene finalmente esposto all’osservatore, ecco poi che gli scrittori Genna e Gentile annunciano l’uscita di un libro folle con dentro un che dell’immaginario che i noiosi dicono occidentale. Il titolo del libro è Bambi, il cui destino di carne è un segno nascosto e chiaro per tutti.

E, quindi, ogni cosa è  pronta per lo sparagmòs?