Via del Corso il ventitré dicembre è fredda e popolatissima: temperatura media otto gradi, dal punto in cui si spalanca sul Vittoriano a Piazza del Popolo nell’ordine delle diecimila persone.
Si immagini un alligatore scivolare fuori (0.1) dalla fogna di un vicolo, all’altezza della chiesa di San Marcello, e insinuarsi (0.2) tra la calca, la quale (0.2.1) non realizza subito: un campo di normalità che è la somma delle singole normalità dei presenti assorbe il particolare inverosimile come per azione di un sistema immunitario collettivo, il quale sistema immunitario è un meccanismo di fagocitosi per la salvaguardia dell’organismo di organismi: la comunità.
Si immagini adesso cosa succede quando, (1.1) gli occhi sullo smartphone, un ragazzo, sospinto (1.2) dalla pressione non di contatto di una folla che si muove: (1.2.1) per il costume degli acquisti; (1.2.2) parzialmente sollevata dallo spettro del mattatoio che sono le incombenze lavorative; (1.2.3) soggetta a fattori di smorzamento ambientale della sollecitazione nervosa come: (1.2.3.1) l’atmosfera natalizia di affrancamento dalle colpe; (1.2.3.2) la tensione alla vivacità che trasmette il freddo pigramente pungente di una bolla atmosferica metropolitana in inverno. Schiaccia inavvertitamente (1.3) la zampa posteriore destra del rettile. Il sopra detto rettile scatta (2.1) sul più sopra detto ragazzo; gli afferra (2.2) la gamba; la tritura (2.3).
La forza esercitata dalle mascelle dell’esemplare è al suo meglio di circa duemila chili, dell’ordine di due pianoforti che: siano fissati a due forti magneti; trovino sul loro percorso l’arto del ragazzo scontrandosi l’uno con l’altro a cento chilometri all’ora. Delle sue ossa non rimane altro che (2.3.1) una poltiglia di schegge, e l’improvvisa contraddizione dell’immagine della sua gamba nel cervello (2.3.2) che non corrisponde a una gamba nella realtà: sia, questa, una frattura speculativa (2.3.2.1) da cui si libera un dolore incontenibile; una forma d’aggregazione analoga a due nubi polarizzate che si incontrino in un temporale. Dal dolore scaturisce (2.3.2.2) un grido.

Il ragazzo stramazza (2.4) al suolo, ma in un primo momento nessuno capisce bene cosa sia successo.
Si immagini questo giovane di ventitré anni: debole esemplare caucasico mediterraneo; tracce percettibili dell’etnia mongoloide: nella scarsità di peluria corporea; nella paglia dei capelli neri; nella forma piatta del naso sul dorso, inserto diretto nella sua linea genetica risalente alla seconda rivoluzione industriale, a occhio, o direi comunque a non più di due secoli fa, nell’epoca delle prime vere contaminazioni esotiche in Europa. Altezza media, peso medio-basso, dimensioni complessive poco oltre una deviazione standard sotto la norma.
L’arteria femorale del sopra detto è tranciata (2.3.3.1) di netto; nel raggio di un metro ci sono (2.3.3.2) quattro persone; le prime cose ad arrivare alle poco sopra dette (2.4.1) sono la caduta del ragazzo e gli schizzi di sangue, elaborati come stimolo visivo; segue l’odore che attiva (2.4.2) i neurotrasmettitori nelle zone cerebrali del pericolo; infine il terrore (2.4.3) nella qualità del grido della vittima.

Sia, ora, il (2.4.3) fattore decisivo per il disinnesco (3.1) di ogni meccanismo inibitorio dell’istinto animale e del panico in un’area con una qualche proporzionalità, che approssimeremo lineare, all’intensità del grido, in questo caso una circonferenza di raggio dodici metri. Da quel momento in poi le forze: di costume; di orientamento alla deferenza nei confronti dell’apparato vigente di norme civiche, sociali e morali; sono annullate (3.2) dall’emergenza di un nuovo potenziale: quello generato dall’istinto di sopravvivenza (si pensino, per un approccio maggiormente intuitivo-geometrico, tali forze come i fili che collegano il bilancino a una marionetta posta su un piano inclinato e si supponga che il sostegno fisso di tale marionetta cada al livello della stessa per opera di uno scossone: la marionetta scivolerà lungo la buca di potenziale insieme al sostegno).
Si immagini il panico espandersi (3.3) in forma di onda quadra sinusoidale in due variabili, (i meno ferrati in analisi facciano anche riferimento al moto dell’acqua in seguito alla caduta verticale di un sasso in uno stagno immobile) e la folla muoversi (3.4) in prima approssimazione: radialmente (3.4.1); con verso esterno (3.4.2) rispetto al punto in cui l’alligatore ha attaccato. Il gruppo lascerà indietro: (4.1.1) l’elemento catturato; tutti gli individui che minacciando accidentalmente (4.1.2), nella fuga, l’area di confidenza dell’alligatore, siano attaccati (4.1.3.1); coloro i quali siano travolti (4.1.3.2) da una parte del gruppo nella fuga fino al momento in cui la soglia di pericolo non torni a essere inferiore (4.2.1) al livello per il quale le forze vinte in (3.2) sono efficaci. Si verificherà allora la presa di coscienza (4.2.2) di un imbarazzo sociale: nel dimostrarsi davanti agli altri (4.2.2.1) e a sé stessi (4.2.2.2) non conformi al modello ideologico contestuale che sancisce il pilastro strutturale della superiorità della specie umana sulle altre animali nella predominanza del giudizio etico locale sulla spinta animale alla sopravvivenza, che interessa gli individui: più deboli; maggiormente suscettibili alla necessità di una compensazione della scarsità delle proprie predisposizioni evolutive. Oppure di una inclinazione eroica di natura egoistica (4.2.3): indirizzata, ancora una volta, all’apparire di fronte agli altri o a sé stessi.
Si immagini che la presa di coscienza (4.2) alleggerisca (4.3) il bilancio complessivo delle vittime dell’evento (0.2) e della catena di eventi che da esso scaturisce: tale alleggerimento avverrà mediante le azioni di salvataggio dei sopra detti individui, conducendo a una magnificazione (5.1) per mezzo stampa dei gesti singolari degli stessi; conseguentemente, (condurrà) a una diminuzione (5.2) della rilevanza mediatica dell’attacco dell’alligatore durante il periodo di Natale nel cuore pulsante della capitale d’Italia come fatto a sé stante.

Si consideri tuttavia per un attimo quanto sia dannoso, per una società che aspira alla propria salute, celebrare gli atteggiamenti (4.2.2) e (4.2.3): nel primo caso premiando la debolezza degli individui meno adatti alla sopravvivenza, e premiandola in ordine: tramite (4.3); martirizzando il ragazzo e le altre vittime tramite ciò che in (2.4) accade, cioè una triplicità di volte. Nel secondo caso ideologizzando l’approfittarsi dell’annullamento (3.2) da parte di individui che nella condizione in cui non ci fosse bisogno di alcun annullamento non sopravviverebbero; in pratica, cioè, dare campo libero alla riproduzione sfrenata di un virus del sistema confondendo tale virus con il sistema stesso. Tutto ciò al prezzo dello spazio mediatico di un simbolo indubbiamente valido e forte come quello rappresentato da (2): un animale premiato dalla selezione naturale per settanta milioni di anni che risveglia la razza umana dalla sua ipocrisia, indicandogli la strada perduta della sua evoluzione nella capitale storica della sua specie, tramite il risveglio (3) e la testimonianza (4.1) diretta di ciò che è stato perduto.
I più intuitivi di voi avranno capito, a questo punto, come si ponga urgente la necessità di richiedere per il bene comune che (5.1) sia tempestivamente messa da parte in favore di (5.2) e come, se ciò non si dovesse verificare, diventerà necessario agire ancora in luoghi pubblici o punti di aggregazione, un ippopotamo in piazza del Duomo magari quanto piuttosto un puma nel reparto maternità di un qualche ospedale – o come avrebbe detto mio nonno: si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale e gridare: aiuto!, aiuto!, è scappato un leone – per vedere a tutti quanti l’effetto che fa.
Attendo vostro gentile riscontro.

L’Anfibio.