Signor Pacciani fissa la casa del vicino, quelle linee dritte: esatte e regolari della costruzione, il prato disciplinato ad altezza due del tagliaerba elettrico di marca giapponese, la macchina di marca tedesca i profili delle cui ruote formano un angolo retto con il marciapiede; le grate chiuse, i vetri nitidi delle finestre, le tendine di pizzo con motivo geometrico abbassate, signor Pacciani fissa il contorno del camino cilindrico che si staglia contro la pulizia ipocrita del cielo, il cielo azzurro limpido è la più sottile e atroce delle vendette perpetrate dal pianeta Terra nei confronti della specie Uomo, se la notte invade e divora, il cielo penetra e persuade: si inocula sotto le epidermidi di ogni specchio, infetta ogni mare, ogni lago, ogni fiume e imprigiona gli occhi degli uomini in uno spazio menzogna; il cielo azzurro limpido ostenta se stesso in quanto proiezione del capriccio più grande, l’aspirazione velenosa alla quale neanche signor Pacciani ha mai rinunciato del tutto, se signor Pacciani fissa per troppo tempo il cielo azzurro limpido la potenza narcotica del cielo azzurro limpido si impadronisce anche di lui, ma non ora: ora signor Pacciani guarda uscire di casa il vicino, sotto il cielo azzurro limpido il vicino non può che essere felice; pensa signor Pacciani: felice e spacciato.

Anche signor Pacciani sa di essere lui stesso spacciato, signor Pacciani non è lo spettro di una stella verso lo spazio vuoto senza fine che sa essere l’unica cosa a durare per sempre, e questo comunque fino alla morte di ogni per, di ogni senza, di ogni sempre, di ogni spazio, di ogni vuoto, fino alla morte di ogni, e questo dunque fino alla morte di ogni fine; ma signor Pacciani lo sa bene, e allora si ripete ogni giorno che non ha paura, chi redime l’innocenza non si può permettere di avere paura: chi redime l’innocenza deve studiare con cura patologica i movimenti del topo vicino nel labirinto esistenza della sua quotidiana prassi operativa, fino a sapere con margine di precisione al minuto l’orario di uscita del vicino da casa, con margine di precisione al secondo il tempo di disattivazione della fotocellula del cancello della casa del vicino, con margine di esattezza per i tempi di reazione umani il momento in cui Elisa, la figlia del vicino sarà alla finestra dello studio al primo piano, e messo a sistema l’andamento ricorsivo con il massimo nella proiezione dell’andamento temperatura del bimestre aprile-maggio chi redime l’innocenza deve trovare il momento; il momento potrebbe sembrare una questione di squisito calcolo ma non lo è affatto, il momento sta al calcolo come sta un citofono a una villetta senza porte né cancelli, il calcolo è solo un perdonabile vezzo sociale ma il momento, il momento è il luogo dei punti e delle vene e delle arterie in cui finalmente il respiro tace.
Signor Pacciani lo raggiunge quel momento e tutto in lui fatto di carne e di sangue e nemmeno un po’ di anima trattiene il fiato; e guarda Elisa oltrepassata la finestra aperta, Elisa spaventata, Elisa cerbiatta, Elisa occhi di zucchero disciolto e dice: dai, non devi aver paura Elisa, vieni qui, vieni qui piccola mia, su così, dai, piangi.
Le dice di piangere e quando lei si avvicina lui l’abbraccia, Elisa ipnotizzata, Elisa perla bianca tra le valve di Signor Pacciani, Elisa nuda: e piange, e piange. E piange, e lui le dice: dai, piccola mia, è tutto passato.

Si sorprende a pensarsi così, allora, come un Signor Pacciani con una bambina tra le braccia, ingenuamente. Si potrebbe adesso chiedere cos’è la solitudine, Signor Pacciani, se non pensasse ad ogni oggetto che possiede Elisa: la marca italiana delle scarpe, quella americana dei pantaloni, la marca cinese del telefono nella tasca destra, la marca inglese della sua maglietta, un piccolo anello di legno di provenienza africana. Signor Pacciani dice mi dispiace, mi dispiace tanto, scusa, e il braccio destro scioglie parte dell’abbraccio, scivola fluido nell’asimmetria di un uomo con una pistola tra i boxer e i pantaloni. Signor Pacciani sfila lentamente la pistola. Poi Signor Pacciani pensa, ah il mondo, il mondo, quest’aritmia cardiaca in un’aria di piombo, questa storia già finita. Scioglie l’abbraccio, tutto, e ancora, dice. Ancora, adesso è tutto apposto Elisa, mia dolce e bella Elisa, adesso andrà tutto bene. E poi si spara.