Benché di seta si vesta, soria sempre soria resta.
(Alberto Laiseca, “Lo stabilimento balneare dei vagabondi”)

 

La nostra ultima parola è un gesto: questo è il nostro paradosso. Ed è anche la nostra fortuna: questo gesto infatti è un omaggio – un dossier monografico su Alberto Laiseca, autore di Matando enanos a garrotazos, Su turno para morir, El jardín de las máquinas parlantes, Por favor, ¡plágienme!, Poemas chinos, Aventuras de un novelista atonal e, tra le altre cose, Los sorias.

Solo alcuni di questi titoli sono editi in italiano (Avventure di un romanziere atonale, Uccidendo nani a bastonate, È il tuo turno, per i tipi di Edizioni Arcoiris). Mentre l’interesse in Italia per l’opera di Laiseca cresce, lo sguardo critico in Argentina si acuisce: ci si interroga intorno al ruolo e alla posizione del nostro all’interno della tradizione nazionale, poi nel quadro più ampio della letteratura fantastica e infine, salendo di grado, in quello della letteratura tout court – al punto che l’affermazione di Ricardo Piglia nel prologo a Los sorias (“il miglior romanzo che sia stato scritto in Argentina dai tempi de I sette pazzi” [di Roberto Arlt]) sembra quasi una riduzione dell’assunto.

Noi abbiamo provato, con questo gesto che è un omaggio e un commiato, a contribuire a queste riflessioni, e allo stesso tempo a renderle più familiari ai lettori italiani – cioè a voi, nos semblables.
Abbiamo riunito all’uopo l’allegra brigata: chi da una parte dell’Atlantico (Bergara, Aichino, Conde De Boeck, Luppino) chi dall’altra (Tassi, Verde, Cocco, Cavassa, Schenardi, Arnoldi, Santoro, oltre ai nostri: Di Gioia, Mignola e Zucchi). Ringraziamo tutti, in particolare l’editore argentino Simurg che ci ha concesso di tradurre e pubblicare il primo capitolo del romanzo Los sorias, capolavoro di Laiseca attualmente inedito al di fuori dell’Argentina.

Troverete nel dossier monografico dedicato al cosiddetto Monstruo:

Los sorias, capitolo I: I nemici di stanza, di Alberto Laiseca, traduzione di Raul Schenardi.
“Quando Personaggio Iseka aprì gli occhi quella mattina, la prima cosa che vide fu un Soria. Ma non Luis, quello che aveva vicino, bensì il più lontano: Juan Carlos Soria”.
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I lettori di Laiseca, di  María Celeste Aichino, traduzione di  Maria Cristina Cavassa.
“Amare l’opera di Alberto Laiseca implica quasi una devozione. Lo stesso Piglia nota che: «Laiseca è un grande scrittore ma non è Saer, non è Puig; in altre parole, affinché la sua prosa funzioni il lettore dev’essere incondizionato, un fanatico»”.
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Saer, Aira, Laiseca: tre momenti della letteratura argentina, di Ariel Luppino, traduzione di Loris Tassi.
“Laiseca non è uno scrittore del delirio. Lo possono definire così solo quelli che non lo hanno letto o non lo hanno capito, o quelli che lo hanno preso troppo sul serio”.
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La finzione Laiseca, di Hernán Bergara, traduzione di Maria Cristina Cavassa.
“Le opere di Laiseca, al di là della data di pubblicazione, sono, tutte, posteriori a Los sorias. Posteriori in quanto subordinate a una logica che le include, sebbene siano state pubblicate prima”.
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Parodia, esasperazione e degradazione: Alberto Laiseca, lettore di Borges, di José Agustín Conde De Boeck, traduzione di Federica Arnoldi e Alfredo Zucchi.
“Interrogato su Uccidendo nani a bastonate (1982) dell’allora quasi sconosciuto Laiseca, Jorge Luis Borges affermò che non avrebbe mai letto un libro con un gerundio nel titolo”.
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L’assurdo universo di Alberto Laiseca, di Loris Tassi.
“Alberto Laiseca «non solo è un grande scrittore», come afferma César Aira, ma è anche «uno di quegli inventori della letteratura, unici e imprescindibili, con i quali tutto finisce e ricomincia di nuovo». A saperlo, probabilmente, sono ancora in pochi”.
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Rassegna di barbarie e deliri: la rappresentazione dell’orrore nei racconti e nei romanzi di Alberto Laiseca, di Emanuela Cocco.
“L’orrore si insinua nelle parole, è interno alla formulazione delle leggi, stabilisce le pene, decreta la condanna o la salvezza”.
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Dialogo su Laiseca, con Francesco Verde e Livio Santoro.
“Laiseca sosteneva che Los sorias, sebbene edito solo nel 1998, fosse in concreto il suo primo libro. L’aveva immaginato e rimuginato fin da bambino, e scritto e riscritto quattro volte, completandone la versione definitiva il 27 febbraio 1982, dopo dieci anni di lavoro. «Ma possiamo dire che lo sto ancora scrivendo, capisci?», teneva a precisare nel 2013, a Julián Velázquez. «Attraverso tutte le mie opere»”.
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Apparato di sabotaggio: la versione Gomez, della Divisione K. del Commando Interpolazioni.
“Io sono l’equivoco fatto corpo: la mia tradizione è l’universo”.
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Laiseca: nota biobibliografica.

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E questo è tutto: molte grazie, Laiseca, e non se la prenda.