È difficile parlare di Contronatura. È quasi impossibile, potrei dire, e così dicendo lusingherei Massimiliano Parente.

Eppure qualche appunto si può approntare.

Un’opera colma fino all’orlo di referenze. Stancante. Lunga, pesante, morbosa.
Supera la noia di Proust, la malizia francese di Sade, il rigore filosofico degli esistenzialisti, l’ingenuità sessuale di Pasolini. S’imbeve di nichilismo, s’agghinda di ciò che più disprezza.
Una coppa da cui bere per sporcarsi senza rimedio. Proprio perciò al di là dell’arte di scrivere col pretesto ecologista di uscirne pulito.
Un’opera difficile, asfissiante, che induce a conati di vomito e a urla disperate, il cui protrarsi così a lungo attraverso scenari pornografici e lettere d’amore rispecchia il gioco dell’esistenza. La ricerca dell’esistenza. L’ingenuità dell’esistenza. La fine dell’esistenza.
Assurdo, blasfemo, ironico, feticista, pornografico, logorroico: ogni aggettivo applicato all’opera di Parente è inutile, inservibile, cancellato dalla capacità di negare tutto e di lanciarsi nel vuoto, perché soltanto nel vuoto e nella sua epifania si può trovare il senso, la direzione o – più banalmente – il suicidio della scrittura.
Parente ci invita a tutto questo, al suo contrario e a qualcosa che va oltre la specularità delle forme, cui egli stesso non può fare a meno di aggrapparsi: Naike Procella, Scarlett, il Montefeltro, Massimiliano Parente: tutti specchi, che si riflettono all’infinito. E in questo infinito rimando di immagini e con la loro sovrapposizione Parente espropria la letteratura della dualità: ne abbatte le fondamenta, moltiplica le possibilità di crollo e familiarizza con esse.
Ogni pagina richiede un’opera di auscultazione. Ogni pagina induce il lettore a perdere la pazienza, perché in fondo niente è ciò che sembra e tutto è ciò che potrebbe sembrare. Ogni pagina pare scritta per il semplice gusto della masturbazione e dello schizzo.
Eppure c’è dell’altro. Molto altro che si nasconde fino alla fine tra le pieghe del grasso di Naike Porcella o tra le dita dei piedi di Scarlett. Tutto sembra palesarsi fin dall’inizio. Ma c’è dell’altro, c’è qualcosa che non torna, che non scorre limpido. C’è e bisogna attendere fino alla fine, fino allo schizzo – appunto!
Quindi: non se ne può fare meno!

A. Q.