[Praga, 9 luglio 1920]
Venerdì

Scrivere mi pare completamente insignificante, e lo è davvero[1]. Probabilmente la cosa migliore sarebbe venire a Vienna e portarti via, magari lo faccio, pure se tu non vuoi. In realtà ci sono solo due possibilità, una più bella dell’altra, o tu vieni a Praga o a Libešic. Diffidente, alla vecchia maniera ebraica, ieri mi sono avvicinato a Jílovský[2], poco prima della partenza per Libešic l’ho beccato, aveva lui la tua lettera per Staša. È un uomo distintissimo, gioioso, aperto, intelligente, ti prende a braccetto, chiacchiera senza sosta, è pronto a tutto, capisce tutto e anche un po’ di più. Aveva intenzione di andare con sua moglie da Florian[3] a Brünn[4] e da lì sarebbe venuto da te a Vienna. Oggi pomeriggio ritorna da Praga, porterà la risposta di Staša, parlo con lui intorno alle tre del pomeriggio, poi ti mando un telegramma. Perdonami le chiacchiere delle undici lettere, accantonale, adesso arriva la realtà, che è più grande e migliore. Per il momento credo che si debba avere paura solo di una cosa: del tuo amore per tuo marito. Per quanto riguarda il nuovo compito di cui mi scrivi, è abbastanza difficile, ma non sottovalutare le forze che la tua vicinanza mi dà. Per il momento non dormo, ma sono molto più calmo di quanto pensassi ieri sera, di fronte alle tue due lettere (casualmente c’era Max, che non è una cosa necessariamente buona, perché la questione era troppo mia e, ahimè, inizia già la gelosia del non-geloso, povera Milena). Il tuo telegramma di oggi porta con sé anche un po’ di tranquillità. Riguardo a tuo marito, adesso, almeno adesso, non ho una preoccupazione troppo grossa, né insopportabile. Si era fatto carico di un compito gigantesco, l’ha portato a termine in parte nell’essenziale, nel complesso forse con onore, ma non mi sembra in grado di sopportarlo ancora e non perché gli manchino le forze (che cosa sono le mie, di forze, in confronto alle sue?) ma perché è troppo appesantito da ciò che è accaduto finora, troppo schiacciato nella concentrazione che è necessariamente richiesta. Magari, tra l’altro, gli darà anche sollievo. Perché non dovrei scrivergli?

F

 


[1] Tradotto da F. Kafka, Briefe an Milena, erweiterte und neu geordnete Ausgabe, herausgegeben von Jürgen Born und Michael Müller, Frankfurt am Main: Fischer Taschenbuch Verlag, 2015¹⁵.

[2]Rudolf Jílovský (1890–1954), marito di Staša, l’amica di Milena.

[3]Josef Florian (1873–1941), influente editore e traduttore di Stará Říše (in tedesco Altreisch bei Iglau), in particolare di poesia cattolica. Fu noto soprattutto per due serie pubblicate da lui: Dobré dílo («l’opera buona»), dal 1912, e Nova et Vetera (1912–1922). Nel 1929 Florian pubblicò la prima edizione ceca de La metamorfosi, stampa bibliofila con xilografie, nella traduzione di Ludvík Vrána e František Pastor.

[4] Brno, città della Repubblica Ceca. [NdT]