Nello strano mondo che io e mio fratello spesso ci troviamo a immaginare accade, ad esempio, che sulla facciata della maggiore Università pubblica di Napoli non venga effigiato il lider maximo Fidel Castro, in occasione della sua dipartita, ma il segretario della “Lega Nord” Matteo Salvini.

credits: Francesco Palomba

Il faccione di Salvini guarda verso un futuro che si prospetta luminoso, l’espressione calma ricorda il mare quando non c’è vento e la passione e il furore sembrano potersi controllare e incanalare, poi, nella costruzione di un mondo nuovo e migliore per tutti. Il murale è opera degli attivisti di “Insurgencia”, giovani ribelli col cuore in fiamme, avversari intrepidi del sistema fascista e mafioso che ci imprigiona tutti in una gabbia dorata e anestetizzante, ci rimpinza come tacchini di informazione degenerata e servizievole, ci annulla in quanto individui con dosi massicce di autoritarismo e corruzione.

In questo strano mondo gli “antagonisti” del collettivo non sono un branco di ragazzini con la bava alla bocca che per trovare la propria identità hanno un bisogno costante del nemico da combattere, del totem avversario contro cui compattarsi e scagliarsi; non sono un manipolo di fanatici animati dallo stesso spirito che dichiarano a gran voce di osteggiare, prendendosi la briga di imbrattare i muri di una pubblica istituzione considerata il trogolo dei loro rigurgiti; non parlano di Napoli come se rappresentassero la volontà di una collettività intera, non provano a imporre chi possa entrare in città e chi no. In questo strano mondo, a regnare, è l’accordo, la concordanza degli intenti, l’intelligenza che addolcisce gli animi e fa trovar loro una via da seguire insieme, nel rispetto di tutti.

E, in questo strano mondo, Matteo Salvini non è tutto quanto ci è sembrato finora: il pezzo di merda populista e grossolano che impazza sui social network e raccoglie il consenso del ventre più molle di questo Paese disperato e ormai inerme; non lo sciacallo, non la faccia da porco che grugnisce contro i napoletani agitando una pinta di birra, già ubriaco fradicio, tra un bercio e una scorreggia, insieme a compari come lui ubriachi, bercianti e scorreggianti; non il lurido emanato dei più sguaiati pensieri d’Italia.
No, in questo strano mondo Matteo Salvini è l’orgoglioso leader di una nazione che rifiorisce giorno dopo giorno, il vero unificatore di un vecchiosalvini e meraviglioso stivale mai stato capace di risanare la frattura tra il Nord e il Sud ma che ora è pronto a rimediare, un uomo che si riconosce nei volti dei fratelli bianchi e dei fratelli neri, degli oriundi e degli immigrati, degli anziani e dei bambini, un uomo che ama la sua nazione ma non ha nazione, è l’incarnazione vera dell’uno per tutti, è italiano, europeo, occidentale.

E Matteo, allora, viene a Napoli: non per raccattare voti tra i più beceri e i più cretini, a Napoli non ci sono i beceri e non ci sono i cretini, a Napoli nessuno potrebbe mai votare il Matteo-al-di-fuori dello strano mondo che io e mio fratello abbiamo immaginato. Sarebbe una contraddizione, no? se a Napoli qualcuno volesse andare di sua spontanea volontà ad ascoltare e sostenere quel Matteo lì, il porco, lo scorreggione. Significherebbe, forse, che c’è qualcosa di profondamente sbagliato non tanto e non solo in Salvini ma nella gente che gli ha permesso di essere Salvini. Anche nei napoletani, sì, perfino in loro. Significherebbe, pure, che i modi di Insurgencia – dell’Insurgencia-al-di-fuori dello strano mondo che io e mio fratello abbiamo immaginato – non fanno del bene alla città, che Insurgencia non rappresenta la città, che la città è più complessa di un sistema stereotipato e prepotente di pensare e agire, che merita più delle pantomime coi megafoni e i cartelli, merita riflessione vera e non proclama indottrinato e volgare, non tifoseria e non impedimento ma, semmai, indifferenza verso il pensiero antidemocratico, invito a una riflessione urgente e rinnovata, facoltà di coinvolgere e far ricredere, appunto, chi decide in libertà di andare ad ascoltare il comizio di Salvini.

Nello strano mondo che io e mio fratello spesso ci troviamo a immaginare Matteo, allora, viene a Napoli per riunirsi coi suoi fratelli, per un riconoscimento reciproco e una comunione d’intenti che porti gioia e costituisca esempio. E i suoi fratelli, gli antagonisti di Insurgencia, rispondono e lo accolgono con la generosità e il calore del popolo partenopeo e, d’accordo con tutti gli studenti e le istituzioni universitarie, creano una bellissima opera di street-art sulla facciata dell’Università. E quando Matteo, salutato dalla folla di via Mezzocannone, vede il murale, si commuove e sorride come un bambino e sgrana gli occhi meravigliato da tanto affetto e tutti gli si fanno incontro, gli stringono la mano, gli danno pacche sulle spalle e intonano cori di sostegno e amicizia. Un trentenne un po’ fumato coi lobi dilatati da due enormi orecchini stretching e addosso una t-shirt dei Deep Purple si trova in mezzo al gruppo, proprio di fronte a Salvini, ma continua a girare su se stesso e ad aguzzare lo sguardo con la mano sulla fronte per schermarsi dal sole, alla ricerca del Segretario del Carroccio. Salvini si rende conto della svista e gli fa toc toc sulla spalla e quello sgrana gli occhi ed esclama «Oh, Matteeeee’, fraaaaa’!» e comincia a saltellare davanti a Matteo, preda di una gioia incontenibile.

E poi il gruppo di giovani rivoluzionari si muove come un ariete pacifico, diretto a piazza Bellini, con Matteo al centro del corteo. A colpo sicuro scelgono il baretto di “Peppe Spritz” e dietro al bancone c’è, per l’appunto, Peppe Spritz, un signore magrolino, sulla cinquantina, che conosce benissimo i gusti dei suoi clienti e sfodera il suo miglior sorriso: ha già preparato file e file di Peroni da 66 cl. (costo: un euro) che i ragazzi afferrano e cominciano a tracannare. Anche Matteo beve la sua Peroni. Il ragazzo di prima, lo stonato coi lobi dilatati e la maglietta dei Deep Purple (ora se l’è tolta: è a petto nudo e la t-shirt è annodata intorno alla testa a mo’ di bandana) gli offre una grossa canna, lunga almeno venti centimetri e spessa due dita, che emana un odore forte di resina mischiato alla fragranza del tabacco. Matteo accetta, ringrazia, aspira, dice «Diocane se è forte questo bombolone, figa!» e abbraccia il compagno e quello ride e strilla «Oh oh ohhhh, Matteoh-oh-ohhh», e allora i due cominciano a cantare insieme, l’uno le braccia sulle spalle dell’altro.

Il pomeriggio dell’11 marzo scorre così, in questo operoso e gioioso preludio alla rivoluzione. Al gruppo, man mano, si uniscono altre persone e anche gli ambulanti clandestini che vendono le loro merci nella zona del centro storico: indiani con gli ombrelli o le rose, africani con gli elefantini e i braccialetti della fortuna ma non solo: anche i venditori napoletani di calzini e accendini, saputo della visita del Segretario, sono accorsi dalla stazione Garibaldi fino al bar di Peppe Spritz e ora bevono Peroni insieme agli amici di Insurgencia e a Salvini. Perfino i parcheggiatori abusivi hanno abbandonato le quotidiane estorsioni e sono venuti per unirsi al grande evento. Il leader abbraccia tutti, scatta dei selfie e li pubblica sulla sua pagina Facebook. Poi, grazie anche all’aiuto che la birra fornisce all’immaginazione, si scatta un selfie con Ehioze, un bellissimo camerunense che si è messo a tracannare insieme a loro, e la pubblica con la didascalia “RINGO PIPOL! OHH UH OHHH! Bellissima giornata a NAPOLI col SORRISO insieme al mio amico IMMIGRATO CLANDESTINO”.

Si fa sera, alcuni salutano e tornano a casa ma Salvini non ha voglia di rintanarsi in albergo – peraltro la conferenza in programma è saltata, i festeggiamenti si sono prolungati e la giornata è passata davanti al bar di Peppe Spritz, onorato per la preferenza e anche felice per le centinaia e centinaia di Peroni vendute: quest’estate, pensa, potrà farsi una bella vacanza al mare con la famiglia. In città suona un cantautore che dicono sia bravissimo, Giovanni Truppi. Il gruppo di Insurgencia decide allora di portare Matteo al concerto. Quando arrivano il locale è già pieno ma la folla si apre tra gli applausi e, per rispetto, permette a Matteo e al gruppo di antagonisti di arrivare fin sotto il palco, dove Truppi ha appena cominciato a suonare. Il concerto è splendido, Matteo se lo gode fino all’ultima nota, spesso toccato nel profondo dai testi intelligenti e struggenti. Truppi chiude la performance con una canzone di alcuni anni fa, intitolata Scomparire. «Le persone sono di cristallo», intona il cantautore napoletano seduto da solo al pianoforte, dopo una toccante introduzione strumentale, guardando Salvini dritto negli occhi. Matteo sente che Giovanni sta parlando proprio a lui e ascolta la canzone con ancora più attenzione emotiva e intellettuale. Il pezzo si chiude con le parole «E ora che abbiamo capito che siamo soltanto richieste di aiuto, ci sembrerà poco meno che un gioco. Due che si abbracciano strettissimi, ce la fanno? Due che stanno vicinissimi, ce la fanno? Due che si abbracciano strettissimi, ce la fanno a scomparire?».

E, infine, la musica fa accadere il miracolo. Mentre il pezzo termina, Salvini e il gruppo di Insurgencia, tra le lacrime, si abbracciano davvero strettissimi. E ce la fanno. Scompaiono, accompagnati dalla dolce conclusione al pianoforte, scompaiono lentamente, vanno chissà dove, vanno via.

Nello strano mondo che io e mio fratello spesso ci troviamo a immaginare, Matteo Salvini e Insurgencia passano una splendida giornata insieme, riempiono Napoli d’amore e, alla fine, scompaiono e fuori c’è di nuovo il sole e il pubblico, emozionato, applaude.

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Nota: l’elaborazione grafica è di Francesco Palomba.