“…mi trovi un verro da uccidere a Zeus e al Sole”

Qualcosa che accomuna Crapula agli antichi canti omerici è proprio la voglia di polemòs – di battagliare, sì, ma in litteris – e forse, ancora prima, la voglia di saziarsi, di mettersi in forze. E a questo proposito mi è capitato di rileggere un passo dell’Iliade, nel libro diciannovesimo, versi da centocinquantaquattro a centosettanta.

E ricambiandolo disse l’accorto Odisseo:
“Non così pure essendo gagliardo, Achille pari agli dèi,
non spingere a Ilio digiuni i figli degli Achei
a lottare coi Teucri, perchè non sarà breve
lotta, appena si mischieranno le file
degli uomini e un dio darà furia a entrambe le parti.
Comanda piuttosto che presso le rapide navi gli Achei si sazino
di cibo e di vino; questo è ardore e forza.
Non potrà un giorno intero fino al tramonto del sole
un uomo digiuno di cibo affrontare la lotta;
anche se in cuore arde di combattere,
le mebra a tradimento gli si fanno pesanti, lo afferrano
sete e fame, gli mancano le ginocchia nel correre;
ma l’uomo sazio di cibo e di vino
lotta l’intero giorno coi guerrieri nemici,
intrepido è in petto il suo cuore, le membra
non gli si stancano prima che tutti escano dalla battaglia….”