Baubo
Cari amici miei malati – so che siete in tanti e c’è chi si nasconde chi no – malati di moderno*, malati di nichilismo pop – voi, dico, ho una cura per voi.  Vi torcete dentro, vi manca l’aria. Non riuscite a guardarvi – né dentro né fuori. Se cercate il senso, disperate. Se non lo trovate, disperate.

Un cura?, mi dite. Una cura. Una vittoria sull’inverno, un venire fuori dal buco con tutta la voglia – con tutta la forza –  di tornarci dentro. E’ la prefazione della Gaya Scienza, quel libro di Friedrich Big Time Moustache Nietzsche che ha fatto scrivere al povero Georges Bataille “questo dovrei trovare la forza di scrivere”. Ma già c’è, è qua tra noi. Non c’è bisogno di riscriverlo.

Cari amici malati, andate indietro – per un attimo. A guardare indietro – nel tempo dico. Rinfrescatevi la memoria. Quanto il Baffo dice sui Greci non è propriamente vero (vero?, mi dite? Vero, sì). C’è modo e modo di venire fuori dal millenarismo moderno – adorare la superficie.

State a sentire:

“Infine, per non tacere l’essenziale: da tali abissi, da tali gravi malattie, dal morbo del dubbio radicale, si esce come rinati, con una nuova pelle, più critici, più cattivi, con un gusto più raffinato per la gioia, con una lingua più tenera per tutte la cose buone, con sensi più vogliosi, con una seconda, pericolosa innocenza nella gioia, più infantili e allo stesso tempo più raffinati di quanto siamo mai stati. E come ci ripugna il piacere, il piacere grossolano e ottuso, come lo intendono i goderecci, le persone “istruite”, i nostri ricchi e i nostri governanti! Con quanta malvagità ascoltiamo il fracasso della fiera, col quale “gli uomini istruiti” e i cittadini si fanno violentare da arte, libri e musica al fine di provare “piaceri spirituali”, con l’aiuti di bevande anch’esse “spirituali”! Come ferisce le nostre orecchie il grido teatrale della passione, come sono diventati estranei al nostro gusto lo scompiglio romantico e la confusione di sensi tanto amati dala plebe, con le sue aspirazioni a ciò che è sublime, elevato, stravagante!
No, se noi guariti abbiamo bisogno di un’arte, si tratta di un’arte diversa – un’arte beffarda, fugace, divinamente indisturbata, che divampi come una fiamma chiara in un cielo senza nubi! Soprattutto: un’arte per gli artisti, soltanto per gli artisti! Dopo ci capiremo meglio su quanto è estremamente necessario, l’allegria, ogni allegria, amici miei, anche come artista:  vorrei dimostrarvelo.
Adesso sappiamo alcune cose troppo bene, noi sapienti: oh come impariamo anche a dimenticare, a non sapere, in quanto artisti! E per quanto concerne il nostro futuro, : sarà difficile che ci ritrovino sulle tracce di quei giovani egiziani che di notte rendono insicuri i templi, abbracciano le statue e vogliono svelare, scoprire, portare alla luce tutto ciò che a ragione è tenuto celato. No, questo cattivo gusto, questa volontà di verità, questa “verità a ogni costo”, questa follia giovanile dell’amore per la verità, tutto ciò ci disgusta: siamo troppo esperti, troppo seri, troppo vogliosi, troppo bruciati, troppo profondi… Non crediamo più che la verità rimanga tale anche quando le si toglie il suo velo; abbiamo vissuto abbastanza per poter creder a queste cose.
Oggi ci sembra unq eustione di eleganza non vedere tutto nudo, non essere sempre pronti, non voler capire e “sapere” tutto.  “E’ vero che il buon dio è dappertutto?” domandò una volta una bimbetta alla sua mamma, aggiungendo: “Mi sembra indecoroso”. Che suggerimento per i filosofi! Sarebbe meglio ricondurre questa vergogna nei limiti del decoro, come la natura si è nascosta dietro enigmi e una variopinta insipienza.
Forse che la verità è una donna, e ha i suoi motivi per non far vedere il fondo? Forse che il suo nome, tanto per parlare greco, è Baubo**? Oh questi Greci: loro si che sapevano vivere!  Per far ciò, occorre rimanere saldamente ancorati alla superficie, alla ruga, alla pelle; adorare l’apparenza; credere alle forme, ai suoni, alle parole, a tutto l’Olimpo dell’apparenza! Questi Greci erano superficiali per profondità! E non vogliamo tornare poi là, noi scavezzacollo dello spirito, che abbiamo scalato la punta più alta e pericolosa del pensiero contemporaneo e da là ci siamo guardati intorno e in basso, sotto di noi? Non siamo proprio per questo – Greci? Adoratori delle forme, dei suoni, delle parole? Proprio per questo – artisti?”***

 

* Achtung! a usare questa parola tentati di comporla e declinarla in avanti (postmoderno, ad esempio). Moderno, come metafisica, è una delle parole più fraintese. Moderno è innanzitutto “or ora”.
** Quella dea che parlando parlava dalla vagina.
*** Il testo completo viene da qui. O prendilo qua se ti pare. La prefazione intera è alle pagine 13-15.