• Sulla diatriba moderno/postmoderno, un granello (una goccia) in un mare di non-sense: è l’etimo, la radice (modo: or’ora, mommò).
  • Sicchè in David Foster Wallace (d’ora in avanti DFW, o il suicida) il postmoderno opera come quel batterio che attacca una mirabile architettura testuale sul più bello, sul finale.
  • Il finale imploso è un’interruzione di coito. Anzi è peggio. All’interruzione di coito si rimedia soli, in cinque minuti. Così, il naufragio del finale del romanzo breve “Oblio” (eponimo della raccolta di prose brevi e medie – e a tutto dire anche proprio lunghe – Oblio, de il suicida), il suo naufragio in una rete di aneddoti tecnicistici, a sbatacchiare ed uccidere un crescendo intenso ed articolato, bellissimo, tale naufragio: o è una scelta stilistica di anticlimax; o è una scelta morale sademasochista. Un errore, nel primo caso; un sintomo grave di malattia nel secondo (la terminologia fisiologista di questo post è una conseguenza della rilettura di Aurora, pensieri sui pregiudizi morali di Frdrch “big time moustache” Ntzsch).
  • La sottrazione di finale, tuttavia, in DFW, opera altrove in maniera mirabile (segnalasi: “Salomon Silverfish”; “Incarnazioni di bambini bruciati”). Qui, attraverso la sottrazione del dato reale, il pathos del finale esplode e risuona più intenso (il reale, il dato reale, è stupido, ottuso, anti-poetico).
  • Due scrittori a confronto (una generazione li divide, per lo meno): Don DeLillo lavora di lima sul discorso, espandendone i limiti, per cosí dire, dall’interno, allargandone a dismisura la capacità. Il risultato è lirico par excellence.Il suicida, in cambio, fa e disfa le strutture di base (gli assiomi) che reggono il modo in cui il discorso si presenta. In De Lillo la voce è una categoria fondamentale, unica e indivisibile; in DFW la voce è spezzettata, fredda, ritrasmessa via cavo ed esposta sul lettino del chirurgo (in alcuni casi proprio un disco rotto; in altri piuttosto un seno rifatto, rifatto bene).
  • L’unico artista americano che in fondo conosco per bene, dall’inizio alla fine ed ai piedi, in verità, è Kobe Bean Bryant.