Uno dei periodi storici che più mi incuriosiscono è il post-franchismo. La curiosità mi è venuta dopo aver visto La mala educación e i primi film di Pedro Almodóvar. Il mio interesse è rivolto alla voglia di spensieratezza, all’edonismo ingordo che tutt’ora mi sembra innaturale, all’immersione nel presente che reputo isterica, presenti soprattutto nel primo cinema almodóvariano: il coinvolgimento nella movida, nel sesso, nella droga, nell’alcool è raccontato con una frenesia che è solo superficialmente allegra, ma che suona tanto del tappeto sotto il quale è nascosta la polvere.
La mala educación, uscito dopo una serie di film che suonano quasi come una pausa di riflessione dal sapore intimista, celebra la passione rinchiudendola in un meccanismo preciso e gelido, forse anche troppo cerebrale, infilando alla perfezione un tremendo dramma personale e la ricerca della verità in un periodo storico che va dagli anni Sessanta fino all’Ottanta, e che ritrae un panorama sociale immerso nell’ipocrisia del periodo franchista e nella convulsa dimenticanza/ricerca di sé relativa al periodo immediatamente successivo.

L’eccesso sembra essere una fase di elaborazione per un giusto distacco e una scoperta, l’agnizione dell’inevitabilità del male (che da storico diventa personale) che però può essere nobilitato dalla creazione artistica, capace di rivelarlo pur continuando a tenerlo nascosto. Oltre all’ambientazione, un medesimo meccanismo interno accomuna La mala educación a Così ha inizio il male di Javier Marías: l’elaborazione personale di un lutto (umano, culturale, etico, sociale) collettivo, e l’impossibilità di un ristabilimento dell’ordine precedente.

Così ha inizio il male

Una delle orme cui cercavo di attenermi era pressappoco la seguente: giudicare il meno possibile le vite degli altri e non immischiarmi. Avrei voluto non avvistare mai alcun punto sull’oceano e non dover decidere nulla al riguardo. Ma questo è impossibile, anche perché noi stessi siamo un punto dal quale gli altri si scostano, o verso il quale si dirigono, o con il quale si scontrano.

Come Enrique Goded, protagonista de La mala educación, anche Juan De Vere, protagonista e voce narrante di Così ha inizio il male, viene travolto dal suo personale e profondo desiderio di sapere, finendo per infognarsi in una rete di non detti, di interpretazioni della verità, di torti intimi e storici talmente intrecciati da rendere impossibile stabilirne una gerarchia di gravità.
Ogni lettura non solo della vita, ma anche dei semplici fatti, diventa difficilissima, perché le varianti in gioco sono tali e tante che avere una visuale completa delle cose è una mera utopia, e anzi, sembra che più cose si sanno più aumentano i segreti da mantenere.
Il desiderio di sapere (e di schierarsi dalla parte della ragione) si mescola con il desiderio di capire, in un contesto dove il riconoscimento di un torto si paga con il dolore di sentirsi vittime, e l’esplosione di vitalità comporta una certa confusione nei sentimenti, tra desiderio di dimenticare il male e bisogno di giustizia.

Così ha inizio il male è un romanzo di formazione sulla forza eversiva della verità, sul desiderio di venire corrotti e sull’innocenza come omissione, se non addirittura come menzogna; sulla necessità del male, della conoscenza del male e della sua accettazione, sull’ambiguità dell’esistente, sull’impotenza di fronte ai fatti e sulla furia nell’interpretarli; ma, più di tutto, il romanzo di Marías parla della necessità di prendere coscienza delle cose e della parzialità della loro interpretazione.

Di quello che crediamo non c’è mai da fidarsi.

Così ha inizio il male e il peggio resta indietro, recita il verso che Marías usa come titolo; ma forse così ha inizio il male perché il peggio resta indietro, perché se il peggio storico-politico fa presto a diventare ingovernabile, il peggio interiore, personale, intimo, quello che si sviluppa attraverso il peggio storico, risulta misterioso, cupo, opprimente, intrinseco addirittura alla vita; se il male si può in qualche modo intuire, o immaginare, il peggio si sedimenta, ammutolisce, si sottrae a ogni interpretazione, mette radice nell’animo umano, e sparisce nella storia.
Mentre il male si può raccontare, o elaborare, o diventare creazione artistica, il peggio no. Il peggio resta indietro.

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Javier Marías
Così ha inizio il male (2014)
Trad. it. Maria Nicola
Torino, Einaudi, 2015
pp. 451