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Il mago di Oz: puerile pietra sulla quale edificare il grande bunker pagano del XX secolo? Vaso di Pandora in pan di spezie? gabbia di Faraday incrinata da cui fuoriescono violente folgorazioni elettromagnetiche? libri d’ore, di minuti e di secondi, ognuno a scandire un conto alla rovescia eventualmente apocalittico? che cosa racchiude, oltre a una ragazzina ingenua, un decerebrato di paglia, un grosso barattolo languoroso e una belva vergognosa? Cosa sperare da questo ciarlatano che si crede Merlino?
Insomma, si sa come finisce il mondo?

CosmoZ è una detonazione, un romanzo di contaminazioni all’interno del quale ogni miscuglio comporta uno sventramento: che si tratti di realtà o finzione, magia o mistificazione, creazione o distruzione, favola o incubo, ogni elemento non solo contiene in sé il suo contrario, ma lo nutre, lo rafforza, rendendo difficilissima, quando non impossibile, un’interpretazione univoca, stabile, affidabile, della Storia e del racconto.

Il fatto è che Claro lavora sul classicio di Baum e sui primi cinquant’anni del Novecento al contempo come un macellaio e un chirurgo, brandisce mannaia e bisturi con la stessa maestria e precisione, accanendosi nel fare a pezzi un corpo ancora vivo, fragile, sensibile e cosciente, per quanto mutilato; e ci si chiede se sia la Storia a essere l’arto fantasma della narrazione o viceversa.

Era sicura che prima o poi sarebbe arrivata a un incrocio. Da qualche tempo, ormai, sentiva in sé delle biforcazioni, forse era la consapevolezza sempre più geometrica del suo destino, o la rete sempre più danneggiata delle sue aspettative, o molto semplicemente la strada di mattoni gialli che non ne poteva più di ondulare stupidamente nel paesaggio – ad ogni modo il momento di prendere una decisione è arrivato, e chi dice decisione dice naturalmente incontro.

CosmoZ non è né una rilettura del Novecento portata avanti attraverso il filtro dell’opera di Baum né una rivisitazione della suddetta attraverso la Storia, ma è una dissezione dell’esistenza, una singolare rappresentazione dell’inconsapevolezza cronica e coatta dell’esserci, qui e ora, per agognare un Altro che rimane inconoscibile, impalpabile, un ricordo che è anche una fantasia, una magia, una menzogna, una via d’uscita (fittizia, crudele e beffarda) dall’orrore.

Il peregrinare di Dorothy e dei suoi compagni di viaggio, il suo entrare in Oz, uscire da esso per poi tornare a desiderarlo, è solo all’apparenza consequenziale, tanto più che tutto il viaggio ha il sapore dell’incubo e dell’allucinazione. L’unica certezza rimane quella del Tornado, che distrugge e ricrea, che porta a una visione delle cose diversa e sempre più cupa, minacciosa, incerta, e il cui centro rimane inconoscibile, addirittura per il Mago (o Creatore o Faccendiere o Ciarlatano).

È come se il paese di Oz nascondesse un altro paese di Oz, così segreto che soltanto un cataclisma potente come un tornado, anzi, più potente di un tornado, potrebbe rivelarlo ai tuoi occhi. Devi forse augurarti la fine del mondo proprio nell’attimo in cui assisti al suo inizio?

CosmoZ è un romanzo sul disordine e sull’autodistruzione, su come Storia e storie collidano e s’intreccino e su come la Storia sia la base di altre storie, su come certe storie leggano e anticipino il movimento storico, su come i resti decomposti delle une siano concime per l’altro, e viceversa; il tutto rafforzato da una serie di bombe (atomiche e non) che Claro si diverte a piazzare sia sulla strada di mattoni gialli che porta a Oz sia presso le trincee della guerra, della vita, della percezione di sé e delle cose.

Dal punto di vista stilistico, colpisce la capacità di Claro di rendere le parole tangibili, sanguigne, tattili, odorose. C’è una concretezza, in questa scrittura, che nasce dalla prepotenza con cui l’autore s’incunea nelle intercapedini di un’immaginazione che si nutre del reale, lo deforma e lo rende inquietante, per poi scoprire che già il materiale di partenza è spaventoso; e c’è un qualcosa di luminoso, ma di quella luce che nasce quando ormai è stato distrutto tutto, e chi osserva è obbligato a barcamenarsi nella spaccatura tra ciò che non c’è più e ciò che non c’è ancora.
A lettura conclusa, rimane un brivido di cui, parafrasando Claro, non vogliamo sapere il nome.

Claro
CosmoZ (2010)
trad. it. Antonella Conti
Firenze, Edizioni Clichy, 2013
pp. 519