la bocca è il ricettacolo, non la mente

  • Tutto ciò che è mescolabile.
  • I videogames, i supermercati, le luci al neon, quelle a risparmio energetico.
  • La psicologia, fintamente anti-freudiana (l’unica che ancora si conosca, in pillole o in soluzione da sciogliere in acqua e senza leggere attentamente le avvertenze)
  • “Il Nirvana, buddhisticamente parlando” –  disse il cittadino cosmopolita, amante degli animali, difensore della buonafede, illuminista in ritardo sui tempi.
  • L’alternatività in luogo dell’alterità, neppure dell’alterazione. (Un’alternativa che non trova sbocchi, come un fiume circolare che non sfocia in nessun mare né lago, ma torna sempre uguale a sé stesso e ripete e ristagna.)
  • Pensare che cosmo significhi dispersione nell’immensità e non ordine nell’immenso contrarsi ed espandersi dei corpi.
  • Conoscenza di sé, impressione di sé, funzionalismo del sé per l’Io: ma che cosa si cerca, se ancora si crede che l’uomo sia unità di misura e ago della bilancia dell’universo?
  • La letteratura relegata al segno di “intrattenimento” o nel migliore dei casi di “preludio al suicidio”.
  • La poesia? – Tutti possono scriverla, tutti possono abusarne: basta andare a capo, usare parole desuete dal discorso comune nella cerchia di persone che si frequentano, limitandosi all’esposizione del dolore d’amore.
  • La socievolezza del social-nework: dietro lo schermo si sta meglio, si è più protetti. Le parole, così, non servono davvero più a niente.
  • Non si finge, perché la verità è la verità. Una tautologia resterà comunque più vera di una mistificazione – anche se ciò non si dice… (morale della favola!)
  • Tutto fuori: il corpo, la mente… ecco, ci sono sempre e solo queste due direzioni, eppure pare che quando si parla di spingere fuori qualcosa, si possa andare oltre questo binomio, questa ineluttabile evidenza. O dentro o fuori, o la mente o il corpo? – E si finisce a credere al destino!
  • Ma tutto è permesso, allora…