Qui davanti avete un cubo magico. Proprio un cubo di 6 facce: su ognuna di esse, 6 poligoni; ogni poligono ha esattamente 6 lati. Un cubo impossibile – queste le premesse. 

Prima faccia: Variazioni Augusto – è qui.
Seconda faccia: Variazioni Ernest al link.
Terza e ultima faccia: vedi sotto.

***

Jorge Luis Borges scriveva solo racconti. Ha scritto quasi solo racconti: quasi. Quel quasi fa una grande differenza. Borges, si sa, era anche un poeta. Ma non è questo il punto: Borges non ha mai scritto romanzi. Tutti gli altri grandi raccontisti, sì. Cortazar sì, Buzzati sì, Kafka idem. Cechov no, ma ha scritto teatro: è il respiro lungo, quello conta. Borges no, non ha mai ceduto. Evaristo Carriego era una semplice miscellanea. Sei problemi per don Isidro Parodi? Libro a quattro mani, e comunque: sempre di episodi scollegati si tratta. Però in una cosa Borges falta: non ha mai scritto flash stories. Certo si potrebbero considerare gli haiku: alcuni di loro sono schiettamente narrativi.

Da quel giorno

Non ho toccato i pezzi

Sulla scacchiera

Ma comunque, non arriva ai record. Quelli di Monterroso, quelli di Hemingway. Sei parole, ricordiamolo, un racconto impossibile. Questa frase consta di sei parole. La frase che hai appena letto. La frase che stai leggendo adesso. Come tutte le altre, in effetti. E ciononostante: dopo Monterroso, dopo Hemingway. A chi poteva mai toccare, dopo? Ma solo a Borges, Jorge Borges. Orditore d’inganni interni al testo. Ma anche esterni, metatestuali – per esempio: il famoso frammento relativo ai cartografi. L’ho sentito citare come racconto. Addirittura come “quel ROMANZO di Borges”. Beh, eccolo qui nella sua interezza:

In quell’Impero, l’Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la mappa dell’impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I Collegi dei Cartografi fecero una Mappa dell’Impero che aveva l’Immensità dell’Impero e coincideva perfettamente con esso. Ma le Generazioni Seguenti, meno portate allo Studio della cartografia, pensarono che questa Mappa enorme era inutile e non senza Empietà la abbandonarono all’Inclemenze del Sole e degl’Inverni. Nei deserti dell’Ovest rimangono lacerate Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non c’è altra reliquia delle Discipline Geografiche. 

Comunque, amanti dei racconti, facciamola finita. Eccovi la terza faccia del cubo. La terza e ultima di sei. Un omaggio ai suoi temi preferiti: labirinti, spade, tigri, miti e scacchiere.

VARIAZIONI JORGE

Mio fratello entrò. “Caino, ancora tu”

“Abele, ancora qui”, sospirò mio fratello

Da allora, veste solo di rosso

La stanza, tesoro, è rimasta uguale

Martello, chiodi, croce: preso tutto? Andiamo

Capello bianco. Dunque, morirò anch’io

Asterione ancora vaga, cercando il toro

Entrai. Sospirai. Non vidi la tigre

Il dinosauro salutò. Asterione non rispose

(come dite? Sono nove? Eh, vabbe’. Arrotondiamo allora – feat. Alfredo J. Zucchi:

Beatriz Viterbo: vista una, viste tutte.)