Sulla città dormiente s’incendiavano le stelle nel buio del cosmo, dove l’uomo vide l’ordine e lo mescolò in un sogno. Il suo fiato nebulizzato dal freddo, nella strada vuota della città, mentre il rumore dei passi si alternava al silenzio dell’inverno. Nella notte limpida come un mare in bonaccia l’uomo aveva gettato l’àncora e si era abbandonato all’attesa. Il pensiero era l’àncora – poiché di cosa può avvalersi quest’uomo se non del pensiero per non perdersi o per perdersi?
La donna vide l’uomo e non poté fare altro che soffiare verso il cielo, poiché s’accorse che s’era fatto mare, e incresparlo, e infine immergere la mano destra nell’acqua e sollevarne una breve onda.
Confessò alla notte la sua paura del mare infecondo, del buio intorno. E dell’uomo?, le domandò la notte. La donna si voltò e in sussurro rispose “sei crudele”. La memoria più crudele della notte.
L’uomo sentì la voce della donna nell’onda breve che sollevò lo scafo, la chiglia si assestò di nuovo nell’acqua fendendola come lama di coltello trapassa la carne tenera e la fa sanguinare in un’onda di voce tremula per rispondere alla voce della donna.
Dialogarono così a lungo che la notte dimenticò di trasformarsi in giorno, perché potesse quel dialogo durare più a lungo. La donna immergeva la mano e smuoveva l’acqua, ora specchio del suo doppio sogno, dove le stelle continuavano a bruciare in silenzio, promanando una luce dimenticata dal tempo. La luce più crudele della memoria.
Dalla sua mano uscì l’onda e dalle labbra un fiato di vento, a spingere il flutto sulla corrente subacquea, fino a raggiungere di nuovo e disperatamente l’uomo nella barca ancorata nel centro esatto della notte e dello specchio di mare, mentre un sogno lo visitava di una luna nella città dormiente, di stelle che s’incendiano nel cosmo buio e la mano di una donna nell’atto di indicargli la riva.

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In copertina: Pensieri d’Acqua di Roberta Cavalleri