Rainer Maria Rilke

Lettere a un giovane poeta

Traduzione di Marco Rincione

***

Testo originale: R. M. Rilke, Briefe an einen jungen Dichter, mit einem Vorwort von Joachim W. Storck, Zürich: Diogenes 1997

***

1.

Parigi, 17 febbraio 1903

Egregio signore,
la sua lettera mi ha raggiunto solo alcuni giorni fa. Voglio ringraziarla per la sua fiducia, grande e cara. Ci riesco a malapena. Non riesco ad approcciarmi al suo tipo di versi poiché ogni intenzione critica mi si fa troppo distante. Niente può toccare così poco un’opera d’arte, come una critica: non ne vengono fuori altro che più o meno fortunati fraintendimenti. Le cose non sono tutte così concepibili e dicibili come ci si vorrebbe far credere il più delle volte; la maggior parte degli eventi è indicibile, si compie in uno spazio mai calpestato dalla parola, e le cose più indicibili di tutte sono le opere d’arte, esistenze arcane la cui vita continua accanto alla nostra, che finisce. (continua a leggere)

2.

Viareggio nei pressi di Pisa (Italia), 5 aprile 1903

Deve perdonarmi, caro ed egregio signore, se solo oggi ricordo con gratitudine la Sua lettera del 24 febbraio: sono stato tutto il tempo sofferente, non proprio malato ma oppresso da una spossatezza simile a quella causata dall’influenza, che mi ha reso incapace di fare tutto. E quindi, dato che la cosa non voleva cambiare affatto, mi sono recato in questo mare del sud, i cui benefici già una volta mi hanno aiutato. Ma non sto ancora bene, scrivere mi viene difficile, e quindi queste poche righe deve prenderle per molto più. (continua a leggere)

3.

Viareggio nei pressi di Pisa (Italia), 23 aprile 1903

Caro ed egregio signore,
la Sua lettera pasquale mi ha riempito di gioia, perché diceva molte cose buone sul Suo conto, e il modo in cui si è espresso sulla grande e cara arte di Jacobsen mi ha mostrato che non mi ero sbagliato quando condussi la Sua vita e le sue molte domande a questo tesoro.
Adesso Le si aprirà Niels Lyhne, un libro di magnificenze e profondità; e quanto più spesso lo si legge, tanto più sembra che tutto sia lì dentro, dal profumo più delicato della vita fino al sapore pieno e forte delle sue paure più pesanti. Non c’è nulla, lì, che non sia stato compreso, concepito, esperito e riconosciuto nell’eco tremolante della memoria… (continua a leggere)

4.

Worpswede nei pressi di Brema (per il momento), 16 luglio 1903

Ho lasciato Parigi circa dieci giorni fa, decisamente sofferente e stanco, e sono andato in una grande pianura del nord: la sua lontananza, calma e il suo cielo dovrebbero farmi guarire. Ma mi sono imbattuto in una pioggia incessante che solo oggi tende un po’ a diminuire, su questa terra che trema inquieta; e approfitto oggi di questo primo momento di chiarore per salutarLa, caro signore.
Carissimo signor Kappus, a lungo ho lasciato una Sua lettera senza risposta ma non perché l’avessi dimenticata; al contrario, era quel tipo di lettera che si legge e rilegge quando lo si trova tra le lettere, e in essa io La riconoscevo come se La vedessi da vicino. Era la lettera del 2 maggio, e di certo Lei se ne ricorderà. (continua a leggere)

5

Roma, 29 ottobre 1903

Caro ed egregio signore,
ho ricevuto la Sua lettera del 29 agosto a Firenze, e solo adesso – dopo ben due mesi – Glielo dico. Perdoni questa negligenza, ma quando sono in viaggio non scrivo lettere volentieri, perché per scrivere una lettera ho bisogno di molto più che della strumentazione necessaria: un po’ di quiete e solitudine e un’ora non eccessivamente estranea. (continua a leggere)

6.

Roma, 23 dicembre 1903 

Mio caro signor Kappus,
Lei non deve rimanere senza un saluto da parte mia adesso che è quasi Natale e che Lei, nel bel mezzo della festività, sopporta la Sua solitudine con maggior fatica del solito. Ma se proprio adesso dovesse notare che essa è grande, ne gioisca; perché – se lo chieda – cosa sarebbe una solitudine senza grandezza? C’è solo una solitudine, ed essa è grande e non è leggera da sopportare, e quasi per tutti arrivano quelle ore in cui vorrebbero volentieri scambiarla per una qualche compagnia banale e scontata, per l’abbaglio di un minuscolo accordo con il primo che capita, con il più indegno… (continua a leggere)

7.

Roma, 14 maggio 1904

Mio caro signor Kappus,
è passato molto tempo da quando ho ricevuto la Sua ultima lettera. Ma non mi serbi rancore per questo: prima il lavoro, poi i disturbi e infine la malattia mi hanno continuamente impedito di darLe questa risposta che volevo giungesse a Lei da giorni calmi e buoni. Adesso che sto di nuovo un po’ meglio (l’inizio della primavera, coi suoi passaggi cattivi e lunatici, è stato pesante da sopportare anche qui), eccomi qui a salutarLa, caro signor Kappus, e a dirLe (cosa che faccio ben volentieri) questo e quello rispetto alla Sua lettera al meglio che posso.
Vede, ho trascritto il Suo sonetto perché ho pensato che fosse bello e semplice e nato in una forma che lo fa andare con decoro sommesso. (continua a leggere)

8.

Borgeby gård, Flädie, Svezia, 12 agosto 1904

Voglio parlarLe ancora per un po’, caro signor Kappus, sebbene io non possa dire quasi nulla che La aiuti, a stento qualcosa di utile. Lei ha avuto molte e grandi tristezze che sono ormai trascorse. E Lei dice che anche questo trascorrere Le è stato difficile e penoso. Ma, La prego, rifletta se queste tristezze non siano piuttosto trascorse attraverso di Lei: non è forse cambiato molto in Lei? Lei stesso non è cambiato in qualche parte del Suo essere mentre era triste? Pericolose e cattive sono solo quelle tristezze che si devono sopportare tra la gente per poterle vincere… (continua a leggere)

9.

Furuborg, Jonsered, Svezia, 4 novembre 1904 

Mio caro signor Kappus,
durante questo periodo, passato senza lettere, sono stato in parte in viaggio e in parte così impegnato da non riuscire a scrivere. E anche oggi scrivere mi viene difficile perché ho già dovuto scrivere diverse lettere, e la mia mano si è stancata. Se potessi dettare a qualcuno, potrei dirLe molte cose, invece dovrà accettare solo poche parole in risposta alla Sua lunga lettera. (continua a leggere)

10.

Parigi, secondo giorno di Natale 1908 

Deve sapere, caro signor Kappus, che sono stato davvero felice di ricevere la Sua bella lettera. Le notizie che mi dà, ora di nuovo reali ed esprimibili, mi sembrano buone e quanto più ci penso, tanto più le considero tali. Proprio questo, in realtà, volevo scriverLe per la notte di Natale; ma con tutto il lavoro in cui sono immerso – molteplicemente e ininterrottamente – durante questo inverno, l’antica festa è arrivata così in fretta che ho avuto a malapena il tempo per portare a termine le faccende più necessarie, e molto meno per scrivere. (continua a leggere)

***

Marco Rincione (Palermo, 13 dicembre 1990) sognava di fare lo scrittore finché un bel dì si iscrisse all’Università. Dopo aver studiato un po’ di filosofia e tanta roba greca, ha ripreso a sognare la scrittura. Pare che sia lo sceneggiatore di “Paperi”, trilogia a fumetti disegnata da suo fratello Giulio (edizioni Shockdom), e probabilmente scriverà ancora.