La notte e il suo fiato sul volto. Apro gli occhi, lei si nasconde veloce; io sudo e perdo forza ad ogni respiro. Giro la testa, la vedo scomparire nell’armadio, la coda nera sul pavimento.
Si lamenta, sul lenzuolo ha lasciato il suo odore.
La stanza esplode di luce quando è mattina e cerco di vestirmi; le pietre nello stomaco si muovono, con una mano sulla pelle provo a tastarne la consistenza. Sento che Lei mi sta guardando, mi muovo in modo studiato, ho mal di testa, ogni occhio vuole chiudersi nel sonno.
È sulla soglia di casa, davanti alla porta, la bava che le cade dalla bocca imbratta le mattonelle, possiede movimenti nervosi e potenti, non posso uscire, non ci riesco nemmeno oggi.
Eppure, la prima volta che l’ho vista, sembrava un’amica; mi ha stretto in un abbraccio e io devo essere scomparso. La mia vita era un crollo continuo e lei ha saputo farmi dono del caldo necessario per chiudermi nella stanza.
Ricordo, forse, il giorno in cui è arrivata; il lavoro peggiorava sempre, il corpo era un cumulo di muscoli dolenti, la paura era una battaglia che perdevo di continuo; quel giorno, non c’erano amici, non c’era l’amore, non esisteva una madre e non possedevo un padre; poco prima che la Bestia arrivasse, avevo tentato di telefonare a mia sorella, certo, mi aveva risposto, ma mentre aspettavo che allungasse una mano per non farmi annegare, lei cambiava postazione e mi salutava sorridendo. La Bestia ha bussato piano, vicino alla porta; non c’è stato bisogno di aprire, ha trovato il modo di raggiungermi anche se sono rimasto tutto il tempo sotto le coperte.
È stata molte ore ai piedi del letto, mi guardava come se io fossi un peccato; più si avvicinava, più sentivo i ricordi che mi morivano nella gola. Puzzava, con il pelo duro e nero e i denti gialli, putridi. C’è stato un momento, che non voglio schiarire, in cui mi ha posseduto.
Era in casa già da molte ore, mi seguiva e aveva tentato di darmi un morso, riuscendoci.
La sensazione della pelle che voleva esplodere, Lei è saltata sul mio corpo, è entrata in tutti i miei vuoti, io ero una voragine.
La Bestia mi ha violentato per ore e con il tempo la sua bava è divenuta familiare.
E come mi sentivo al sicuro mentre mi scopava; era qualcosa, pur sempre qualcosa: dolore e sofferenza, era angoscia solida, un oggetto disperato.
Apro il cassetto e i ricordi cadono sul pavimento, metto la pillola nel palmo della mano e la inghiotto, sta arrivando il tramonto e gli occhi si confondono con il cielo, la Bestia mi morde sul collo, stacca un pezzo di memoria e lo porta sul divano, per mangiarlo.
Gli occhi gialli e la coda che somiglia a quella di un ratto, certe ore mi sodomizza forte, altre volte facciamo l’amore.
Queste pillole, delle volte, la tengono lontana, ieri sono sceso fino a piano terra, prendendo le scale, e Lei non ha cercato di fermarmi.
Ma quando ritorna, è più arrabbiata, più forte; sporca di feci tutta la casa, e se mi lascio sopraffare, mi costringe a vomitare per tutta la notte.
Adesso che scende la sera, si indebolisce, le danno forza i progetti, e il fallimento continuo.
Non vorrei tu andassi via, le dico, ma devo riprendere a vivere solo.
La Bestia mi osserva, negli occhi la disapprovazione.
Vai pure, lì c’è la finestra, non ti fermo, non ti trattengo.
Ne devo approfittare, penso; sono forte di medicine, adesso; se non vuole andare via lei, lo faccio io; sta lasciandomi una strada.
Sotto c’è il vuoto totale, somiglio a un equilibrista, la finestra spalancata e la città che sembra un giocattolo. Il vento leggero sulla pelle, le pupille si frantumano, si sciolgono.
Cosa aspetti? Che io cambi idea?
Parla, minaccia.
Si sta forse avvicinando? La Bestia potrebbe ricacciarmi dentro casa.
Apro le braccia, peso otto anni, voglio la tuta di Superman per carnevale, mia madre mi accontenta, facendomi diventare un super eroe.
Faccio un passo, come a voler camminare, un movimento deciso e affondo; nello stomaco sono di nuovo sulle montagne russe, c’è mio padre al mio fianco e urliamo mentre scendiamo in picchiata.
La Bestia mi guarda dall’alto della finestra; sento un tonfo.

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In copertina:

Enrique Marty, The Madmen (2002), sculpture and watercolor on wall, Galería Espacio Minimo.