Sono Eco[1], vivo delle tue parole remote

Sei una musica vaga, che non mi abbandona

sono ciò che non potrai scrivere mai perché intrappolato, rifiutato, negato

da te stesso.

 

Sono Arianna[2], perché so già che lascerai le mie rive.

Ippolito, sento che fuggirai da me seguito dai tuoi cavalli possenti

come Fedra avveleno d’amore malsano questo mio stupido cuore.

Vengo a cercarti nell’ombra della foresta, ma non c’è nessuna bestia ad aspettarmi

non troverai nessun velo di sangue.

Solo l’albero e il silenzio.

 

Sono Artemide, perché farò finta di non amarti, ti guarderò la notte, addormentato.

Per sempre.

Orfeo[3], vivrai, non ti volterai a guardarmi.

Io vagherò sola tra i fuochi e i ghiacci.

 

Persefone felice, trascinata nel tuo buio

troverei la luce nei tuoi occhi.

 

Sono Cassandra, ignori le mie parole d’amore, non le vedi.

Non come Odisseo[4] le sue sirene di sogno.

Aiace, rapiscimi.

Amore, non imparerò mai ad amarti, non posso.

 

Sono Tiresia[5], non ti vedo.

Vedo solo oltre te stesso.

***
Le note sono state scelte e tradotte da Luca Mignola.

[1] Eco e Narciso: “Oh quante volte avrebbe voluto avvicinarsi con seducenti parole e rivolgergli molli preghiere! La sua natura la respinge né le concede di iniziare un discorso; ma lei fu preparata a ciò che le è concesso: attendere i suoni, verso i quali rimandare le sue parole.” (Ovidio, Metamorfosi, III vv. 375-378)

[2] Arianna, Teseo e Dioniso: “Questa allora guardando da lontano triste la chiglia che va via, agitava nell’animo ferita sofferenze infinite. Ma da una altra parte Iacco nel fiore della giovinezza scorrazzava con il tiaso dei Satiri e i Sileni nati a Nisa cercando te, Arianna, e bruciando per il tuo amore.” (Catullo, LXIV vv. 249-253)

[3] Orfeo e Eurdice: “E infatti volgendo indietro il passo aveva evitato tutte le difficoltà; e restituita Euridice risaliva verso il mondo dei vivi, seguendolo da dietro, poiché Proserpina aveva imposto questa condizione, quando un’improvvisa pazzia colse l’incauto amante, pazzia da perdonare in verità, se gli dei sapessero perdonare.” (Virgilio, Georgiche, IV vv. 485-488)

[4] Ulisse e le Sirene: “Fa in modo di venire qua, famoso Odisseo, grande vanto degli Achei, ferma la nave, per ascoltare la nostra voce. Infatti nessuno passa oltre con la nera nave, prima di aver ascoltato il dolce suono della voce dalla nostre bocche.” (Omero, Odissea, XII vv. 184-187)

[5] Tiresia: “Sembrò opportuno [a Giove e Giunone, ndt] di chiedere al saggio Tiresia quale fosse il suo giudizio: egli conosceva entrambi i tipi d’amore. Infatti in un bosco verdeggiante aveva colpito con un bastone i corpi di due grandi serpenti che si accoppiavano e, per miracolo, da uomo trasformato come donna aveva vissuto per sette autunni; all’ottavo li vide di nuovo e disse ‘Se è così grande la potenza del vostro colpo, da volgere al contrario la natura dell’autore, anche adesso vi colpirò!’. Una volta colpiti i serpenti, egli recuperò la sua prima forma e ritrovò il suo aspetto naturale.” (Ovidio, Metamorfosi, III vv. 322-331)