Disclaimer: le interazioni tra Massimiliano Parente e Paolo Sortino sono frutto della mia immaginazione. Ogni altro riferimento a persone reali è colpa dell’anagrafe.
Crediti: Paolo Sortino, Liberal, Il Saggiatore, 2015.

***

B: Voglio proprio vedere stavolta come te ne esci. L’ho finito. Forzato, devo dire, il finale – sforzato.
A: Eccolo! E figurati. Quale sarebbe, nella tua visione eudaimonistica della cosa, un finale non forzato? Mi accontento di due titoli.
B: Ho finito meno della metà dei libri che ho iniziato, il gioco che proponi mi costringe a un uso analitico della memoria che ho dimenticato – se non è già in disuso da trent’anni in generale. Però due ce li ho, facile facile: Stella distante di Bolaño, Indignazione di Roth…
A: Ma va’, Indignazione! Datti a Paolo Giordano, a ‘sto punto!
B: Mica ho detto per forza grandi romanzi, parlavamo di finali e di stitichezza. Indignazione non è stitico, finisce in bellezza. Stella distante invece è un grande romanzo. Te ne dirò un terzo: Il castello. Sì, proprio quello che non finisce, proprio perché non finisce – non so se mi spiego.

(Pausa. I due si sfidano nello sguardo in un bar della Capitale. A è una talpa: scrive recensioni quando deve, se lo pagano o gli editori gli regalano i libri. B se ne passa per il cazzo: aut liberi aut libri.)

A: Però Liberal l’hai finito, o sfotti?
B: L’ho finito. Ci tenevo a vedere fin dove ti saresti spinto per difenderlo.
A: Non ho bisogno di difenderlo. Liberal è un gran libro, ambizioso, diverso, e Sortino è un po’ lo Zidane delle tastiere: è ambidestro, con le parole fa quello che vuole e va dove vuole.
B: Non ne dubito. La sua abilità è cristallina. Ha uno spiccatissimo talento per la sintesi poetica, per il ribaltamento umoristico, per cacciare fuori da un dettaglio una legge universale. Ce ne sono pochi così. Eppure il succo non è questo. A Liberal manca qualcosa, forse proprio la coscienza strategica di ciò che vuole essere. Non basta scrivere bene per scrivere grandi libri.
A: Quindi siamo d’accordo almeno sul fatto che questo libro ambisce a essere grande. Tu dici che non ci riesce. Perché? Dimmi la tua che dico la mia.
B: Hermano, se dalle mie due parole ci fai uscire la tua recensione, poi mi paghi, smezziamo.
A: Amigo, se smezziamo, non ti paghi nemmeno le sigarette.
B: Come siete belli, gli operatori culturali. Fate la fame e continuate a fumare…
E comunque, due cose almeno. Le note a piè di pagina: prendi la nota 29 – è un stecca! Dico ma allora Borges non ci ha insegnato niente a noi postumi, posteri, epigoni? La relazione meta-testuale tra il testo narrato e il libro che si ha tra le mani (e quell’altro passaggio: “Se questo fosse un romanzo”, a pagina 173 ) e tra finzione e realtà (cui si fanno continui rimandi), a causa della superficialità con cui le note sono state pensate, impoverisce il libro, lo depotenzia. (A abbozza una reazione animosa. B lo blocca offrendogli una sigaretta.)
C’è poi un’altra cosa, di carattere forse più personale, biografico. Non ne so niente, eh, non ho nemmeno letto il suo primo libro, ma la sparo lo stesso: c’è, in Liberal, una spasmodica, pornografica voglia di essere come Massimiliano Parente, una cosa che è peggio di un’influenza o una rincorsa emulativa – una cosa che può sfuggire solo a chi non ha letto Massimiliano Parente. Non so bene se i due si conoscono, che cazzo fanno insieme, qualunque cosa facciano – non me ne fotte. Quella citazione raminga del darwinismo, nell’ultima pagina, suona come un atto di dolore: “Perdonami, o mastro della svastica pop, tu che puoi, solo tu, torturare il mondo con la contrapposizione scienza/letteratura”. Non che sia del tutto ingiustificato: Parente è importante, forse oggi è il più importante e inaggirabile, perché ha trovato un modo di disintegrare la letteratura che è solo suo e gli altri non possono che prenderne atto. Eppure, il modo in cui Sortino integra i temi di Parente (il porno e la scienza, tra gli altri, per non dire la svastica) non quadra: non è digerito a dovere, è immediato, è come citazionismo senza citazione. Quei temi mi sembrano buttati là a forza, e questo “a forza” finisce per dare il colpo di grazia a un libro che invece contiene degli spunti fortissimi. Così non va, querido.
A: O la spari grossa o non la spari proprio. Non dico che tu non ci abbia visto giusto per niente. Però pensaci: tu dici il porno. Nonostante questo sia uno dei temi portanti, annunciati fin dall’inizio, dimmi una sola scena di sesso in Liberal. (B fa che ci pensa, poi fa lo scocciato: una, fa segno col dito, poi con la mano a cuoppo, l’altra, mima una fellatio.) Se non sei scemo capisci: Sortino fa qui un’operazione estetica estrema e originale, personalissima. Separando un genere (il porno) dal suo argomento (il sesso), lo travalica, lo supera. La troupe porno capitanata da Teresio Balla, regista e voce narrante di Liberal, intende girare un’opera umana – porno qui ha più a che vedere con la relazione oscenità/evidenza che col sesso. È un modo di intercettare e mostrare l’uomo in tutta la sua meschinità morale, l’uomo colto occidentale con le sue ridicole certezze, la sua cultura, la sua coscienza di posizione nel mondo…
B: In pratica un uomo come te!

(Volano due minuti di schiaffi che sembrano amichevoli ma nascondono anni di frustrazioni e invidie represse e reciproche.)

A: La voce narrante, dicevo. Questa è l’altra squisitezza di Liberal: una voce il cui succo più intimo è lo scarto tra ciò che Teresio vede e ciò che dice. Teresio inforca la sua camera Canon e parla. Filma e commenta. Questo raddoppiamento produce, per la voce narrante, la possibilità di dire cose che altrimenti le sarebbero precluse. Genera degli spazi di ribaltamento purissimi. Questo, cabrón, è la grande letteratura. Penso che Sortino, da Elizabeth a Liberal, abbia fatto un percorso importante e radicale. Penso che uno scrittore così, nella maturità, possa regalarci opere memorabili. Se penso che Liberal sia un grande libro? Non del tutto – non ho amato certe soluzioni sul finale, il cambio di voce in particolare, mi ha lasciato stordito per qualche minuto; lì, forse, la forza del libro si disperde e non arriva omogenea. Però io riesco a vederla lo stesso – nella nitidezza delle figure, dei simboli che anche nel finale, nell’ultima pagina, ti arrivano in faccia, con la delicatezza devastante della sospensione.
B: I simboli! Poteva scrivere un poema o un racconto invece di un romanzo, il nostro, allora. O no?
A: (fa orecchie da mercante alla nota narratologica di B, di forte influenza cortazariana.) E poi ‘sta storia di Parente io francamente non la vedo, o se pure la vedo non le do il peso che le dai tu. La questione della scienza, mi pare, fa parte del discorso più ampio, del nuovo orizzonte estetico e morale delineato da Teresio Balla e dal suo superiore. E seppure fosse, il timore reverenziale, la spinta all’emulazione, persino l’invidia, fanno parte della letteratura, della psicologia dei lettori, degli autori e degli editori. Io dico che Sortino ha affrontato Parente in questo libro, e se anche non ha vinto ora, ha messo per terra le basi per vincere domani. Poi c’è il tema della tortura, della violenza, e della donna (Elizabeth e Sandra sono due figure dello stesso archetipo?)…
B: Girala come vuoi, io penso che in un grande libro non ci si possa risparmiare, e a me pare che Liberal puzzi di austerity. (I due sembrano viaggiare su binari separati.)
A: Liberal! Pensa alla relazione tra il titolo e il romanzo: evocazione e anticipazione, tensione e opposizione, autoironia e soggiogamento – tortura e goduria. Siamo qui in presenza di un’operazione letteraria, di un progetto, forse ancora imperfetti, ma decisamente importanti  – superiori, in ogni caso, a gran parte di quanto si pubblica oggi in Italia. Gli scrittori per cui si possa dire questa cosa si contano sulle dita di una mano. (A si alza di colpo.) Niente, querido, senza volerlo mi hai dato le parole, ora so perfettamente cosa scrivere. (A abbraccia B e fa per andare.) Allora alla prossima recensione, eh?
(A strizza l’occhio, scherza, ma non caccia i soldi delle bevande. B lo guarda schifato mentre poggia i soldi sul tavolo. Attende che A vada via, caccia un libricino e una penna a inchiostro nero. Legge e annota. )